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L'arrivo al monastero in una mattina di nebbia nel 1964 sulla Seicento rossa del padre contrario all'idea che la figlia di 19 anni entrasse in convento. "C'era il Concilio Vaticano II, ma nel monastero eravamo ancora vestite come nel Medioevo". Madre Ignazia Angelini, badessa del monastero benedettino di Viboldone, Milano, racconta la clausura e gli incontri con noi che viviamo fuori: una ragazza sbandata che bussa alla porta, un grande manager che chiede conforto. Il viaggio nel monastero diventa una riflessione sul senso della vita e sull'oggi: sull'instabilità delle relazioni, sull'ambizione e la realizzazione di sé. Per imparare a ricominciare ogni giorno e avere un unico volto.
Dissolvendo gli equivoci e i pregiudizi che avvolgono la vita monastica, Madre Ignazia Angelini testimonia la sbalorditiva attualità di una scelta che non è fuga dal mondo, condanna alla solitudine, ansia di perfezione, ma paziente ricerca nella normalità di una traccia del divino.
Il monastero appare così un laboratorio di relazioni che, a partire dalla fiduciosa apertura agli altri, tenta di costruire legami affidabili e resistenti, sfidando sia la fragile mobilità che imperversa nel mondo contemporaneo, sia la retorica della realizzazione di sé. Dalle parole della badessa di Viboldone emerge infatti un’immagine provocatoria dell’autenticità, che non è ansia di distinzione o di conquista, quanto capacità di elaborare un gusto della vita insieme, in una dimensione radicalmente “cenobitica”.
Ai toni pacati della riflessione subentra poi lo sdegno di fronte a quei monasteri che, speculando sulla bellezza dei loro patrimoni artistici per attrarre il turismo spirituale, rischiano di snaturare se stessi, la difesa dell’essenziale, la vocazione al silenzio. E lo sguardo limpido di Madre Ignazia Angelini non resta indifferente agli errori che hanno confinato le donne in una sorta di marginalità volontaria nella storia della Chiesa, rivendicando la peculiarità di un approccio femminile alla realtà che non sia mera assimilazione a registri maschili, ma generosa intuizione dei tempi nuovi.
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