San Bernardo
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Bernardo ha lasciato un grande ricordo nella storia della Chiesa del
secolo XII e nella posterità a più di un titolo, ma specialmente per la
sua elevata spiritualità e per la sapienza biblica che ha trasmesso nei
suoi scritti. Gli viene anche attribuito il merito di aver
attuato la riforma monastica dei cistercensi all’interno dell’Ordine
benedettino; come meglio si precisa seguendo le tappe principali della
sua biografia. Nacque nel 1090 a Fontaines-Les-Dijon, nelle
vicinanze di Digione. Terzogenito di una numerosa famiglia
aristocratica, imparentata con la feudalità borgognona, da fanciullo
frequentò le scuole, tenute dai canonici secolari, ottenendo una solida
formazione nelle discipline del trivium (grammatica, retorica e
dialettica), manifestando nel contempo una notevole inclinazione per una
vita di pietà, nella pratica delle virtù. Pare abbia goduto in una notte di Natale della dolcissima visione di Gesù Bambino.
Ma la morte precoce della madre, Alette di Montbard, nel 1107, causò
nel giovane che la amava teneramente un acuto dolore. Non si conosce
bene come abbia trascorso i quattro anni successivi, sappiamo soltanto
che nel 1111 egli decise di ritirarsi nella casa di Châtillon dove ben presto lo raggiunsero i suoi cinque fratelli e vari congiunti. Tutti insieme, l’anno dopo, entrarono a Cîteaux. Era il monastero, fondato sulla fine del secolo XI, da tre monaci provenienti dall’abbazia di Molesmes, di osservanza cluniacense: Roberto, Alberico e Stefano, non soddisfatti della loro disciplina, che trascurava il lavoro manuale previsto nella Regola di san Benedetto
e una pratica più austera della povertà. I tre monaci, con il consenso
dell’autorità ecclesiastica locale, lasciarono Molesmes nella primavera
del 1098 e si ritirarono in una valle quasi deserta, a sud di Digione, e
diedero vita al nuovo monastero che poi fu chiamato Cîteaux,
caratterizzato dall’osservanza stretta della Regola di san Benedetto, in
assoluta povertà.
I primi anni furono difficili; il leader, l’abate Roberto, dopo solo un
anno dovette rientrare a Molesme. Le vocazioni giungevano in numero
ridotto, ma quando arrivò Bernardo con circa trenta compagni, in gran
parte suoi congiunti, le sorti mutarono. Bernardo assimilò il genuino spirito della nuova fondazione,
ne fu entusiasta propagatore e già nel 1115, con dodici monaci, venne
inviato a fondare la nuova abbazia di Chiaravalle(Clairvaux), nella
Champagne, sulle rive dell’Aube, non lontano da Troyes. Da allora la sua principale cura fu quella di essere abate di Clairvaux, ufficio che non volle mai abbandonare, nonostante non gli fossero mancate proposte di più alte responsabilità ecclesiastiche. Della sua abbazia favorì uno straordinario sviluppo, ne curò le numerose filiazioni
che, proprio attraverso di essa, in Francia e altrove, aderirono alla
riforma cistercense. Alla morte di Bernardo, nel 1153, le abbazie
dipendenti da Clairvaux erano sessantotto. Bernardo non fu il fondatore dei cistercensi, ma nessuno quanto lui seppe interpretarne lo spirito e diffonderne l’osservanza.
All’interno del mondo monastico i cistercensi entrarono ben presto, se
non proprio in conflitto, almeno in concorrenza con Cluny, a causa delle
riforme introdotte a Cîteaux. La tensione si acuì a causa del ritorno a
Cluny di un monaco cistercense, cugino di Bernardo. Egli stesso entrò
nella polemica perché quel passaggio lo addolorò molto, ma fu anche per
lui occasione di conoscere e di stringere amicizia con l’abate di Cluny,
Pietro il Venerabile, un monaco di umanità e di cultura straordinarie.
Nonostante la salute fragile, Bernardo dette prova di un’energia inesauribile, e, pur rimanendo monaco, seppe inserirsi nei problemi che la Chiesa
di allora dovette affrontare, e ne difese con fermezza le cause che
riteneva giuste. Quando, a metà febbraio del 1130 siebbe a distanza di
poche ore, una duplice elezione papale, prima Innocenzo II e subito dopo
Anacleto II, egli non esitò a sposare la causa di Innocenzo, e per
promuovere adesioni a questo papa si recò in Inghilterra e in Germania;
fu ripetutamente anche in Italia, nel 1133 e nel 1135, guadagnando alla
causa innocenziana Pisa e Genova, e in un secondo tempo anche Milano.
Queste ultime due città lo avrebbero voluto pure loro arcivescovo. I milanesi in segno di venerazione verso Bernardo eressero poco fuori le porte della città, l’abbazia di Chiaravalle, che già nel nome conservava il ricordo della sua visita. Egli però preferì tornare, come sempre, alla sua abbazia;
dei suoi confratelli sentiva sincera nostalgia. Dopo qualche anno lo
troviamo ancora attivo per ottenere al concilio di Sens del 1140 la
condanna di Pietro Abelardo, monaco e maestro che riscuoteva notevole
successo nelle scuole del suo tempo. Di lui l’abate non condivideva la
necessità di introdurre nella riflessione teologica l’apporto della
filosofia aristotelica, che sarà invece una caratteristica della
teologia scolastica di san Tommaso d’Aquino e di altri grandi maestri
dell’università di Parigi. Bernardo sarà ancora a Roma nel 1144-1145 per
ottenere l’obbedienza del Senato romano al papa Lucio II e poi a
Eugenio III, un monaco cistercense, discepolo di Bernardo, divenuto
papa. Da lui l’abate di Clairvaux ricevette l’incarico di predicare la seconda crociata a seguito della caduta di Edessa.
Bernardo ottenne adesioni dai grandi del suo tempo, ma nonostante ciò
l’impresa fallì, ed egli ne fu amareggiato, ma continuò ad occuparsi dei
problemi della Chiesa e combatté le prime manifestazioni della ripresa dell’eresia,
specialmente nel sud della Francia. Quando nella Valle del Reno un
monaco scatenò una violenta reazione contro la comunità ebraica,
Bernardo si recò sul posto e riuscì a porre fine ai massacri; per lui il
popolo ebraico era stato il portatore dell’umanità di Cristo. Negli
ultimi anni si dedicò alla sistemazione di alcune sue opere che
cominciavano a circolare, confermando la fama di cui ormai godeva
l’autore. Nel 1148, al concilio di Reims, presente Eugenio III, Bernardo
ebbe di
nuovo parte attiva nella tentata condanna del vescovo di Poitiers,
Gilberto Porretano. Bernardo, nelle questioni di fede, fu sempre
convinto assertore della necessità di aderire alla dottrina dei Padri
che egli ripropose nel contesto di quella teologia che è stata detta
monastica, perché elaborata specialmente nei monasteri attraverso la
preghiera e la meditazione della Scrittura. Abelardo e Gilberto furono
invece precursori della teologia scolastica; Bernardo, certo in buona fede, li avversò.
Il santo consunto dalla malattia, stremato dalle fatiche e dalle
austerità, morì nella sua abbazia il 20 agosto 1153, all’ora Terza. Come
scrittore, Bernardo ha lasciato un insieme di opere di alto valore
spirituale. Cominciò presto a intrattenere corrispondenza con i
monaci ai quali si rivolse generalmente per trattare problemi della loro
vita; fu anche in rapporto con altri personaggi, re e conti, papi e
vescovi, laici. In tutti i suoi scritti dà prova di una
singolare capacità persuasiva; possiede uno stile elevato. Compose varie
opere di carattere mistico e ascetico; tra queste, un trattato sui
gradi dell’umiltà e della superbia (Commento al capitolo VII della
Regola benedettina), uno sull’amore per Dio, inteso come risposta
all’amore di Dio per noi; mentre nell’opera Sulla grazia e il libero
arbitrio, di ispirazione agostiniana, considera ciò che la libertà era
stata in Adamo prima del peccato, e come sia stata reintegrata da
Cristo. Scrisse un elogio della nuova milizia – i Templari – istituiti
per la custodia del santo Sepolcro. Ma il trattato più notevole è senz’altro Sulla considerazione, indirizzato al papa Eugenio III, sulla necessità di riconoscere il posto che compete a Dio e il posto che compete all’uomo.
Nel 1135 cominciò a commentare ai suoi monaci il Cantico dei Cantici e
proseguì per tutta la vita: sono 86 sermoni che esprimono il meglio
della sua attitudine spirituale: “La mia filosofia più intima” dice nel
sermone 43 “è conoscere Cristo e Cristo crocifisso”. Ci sono pervenuti
altri 350 sermoni, rivolti parimenti ai monaci. Gli scritti mariani non
sono numerosi, anche se frequenti sono i riferimenti a Maria. Compose la
sua prima opera con i quattro sermoni sul Missus est, cioè
sull’annunciazione a Maria, che sono un capolavoro per l’intensità
spirituale manifestata dal giovane abate. La sua fama di
mistico, attestata ben presto dalle sue biografie (Vite), ha colpito
anche Dante che lo ha scelto come guida nell’incontro con la Vergine. Alessandro III lo proclamò santo il 18 gennaio 1174.
(Testo di Giorgio Picasso)
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