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28/06/2018

Sant’Ireneo (di Vittorino Grossi)

Per tratteggiare una biografia di Ireneo disponiamo di una sola fonte, la Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea. Tali informazioni, fornite a un secolo e mezzo di distanza, si basano tuttavia direttamente sulle opere di Ireneo. Egli, ancora fanciullo, verso il 145-150, aveva ascoltato a Smirne, in Asia minore, il vescovo Policarpo che era già in età avanzata, il quale, a sua volta, era stato discepolo di Giovanni (Ireneo fa il nome di Policarpo ben 15 volte nelle sue opere, unendolo sempre a quello di Giovanni). Dal 177 fu presbitero della Chiesa di Lione nelle Gallie. Ciò non deve meravigliare, dati gli allora continui scambi marittimi, commerciali e sociali, nell’area mediterranea. Sempre nel 177 venne inviato a Roma per incontrare papa Eleuterio a cui consegnò la Lettera dei martiri di Lione sull’avvenuta persecuzione popolare di quell’anno contro i cristiani. Quindi successe come vescovo a Potino di Lione, anch’egli morto martire in prigione all’età di 90 anni.
Tra il 190 e il 200 s’inasprì la grande controversia tra le Chiese dell’Asia Minore e il resto della cristianità, riguardo alla data della celebrazione della Pasqua, che loro celebravano a data fissa il 14 del mese di nisan (li chiamavano perciò “quartodecimani”), mentre a Roma e nelle altre Chiese la Pasqua veniva celebrata la domenica dopo l’equinozio di primavera. Per l’occasione Ireneo si recò a Roma da papa Vittore che voleva scomunicare gli Asiatici,  facendogli presente che ambedue le tradizioni venivano dagli apostoli: potevano dunque continuare a sussistere entrambe come era stato fino allora. È possibile che Ireneo sia morto martire sotto Settimio Severo verso il 202, dato che da quel tempo la Chiesa lo onora come tale.

I suoi scritti sono due: il Contro le eresie (Adversus haereses) in cinque libri e la Dimostrazione della predicazione apostolica (Epideixis). Il Contro le eresie ci è pervenuto in traduzione latina (l’originale greco è andato perduto, ne esistono solo frammenti). L’opera conobbe un successo immediato, poi venne quasi dimenticata già nel periodo patristico, ma venne riscoperta nel XVI secolo con l’editio princeps di Erasmo nel 1526. In essa viene confutata l’eresia dello gnosticismo come si ha dal titolo completo conservatoci da Eusebio, in traduzione: Contro le eresie. Denuncia e confutazione della falsa gnosi. “ Ci siamo sforzati – scrive Ireneo nella prefazione – non solo di renderlo manifesto (il pensiero degli gnostici), ma anche di darti i mezzi per dimostrare che è falso, così anche tu ti sforzerai di servire gli altri, secondo la grazia a te data dal Signore, affinchè gli uomini non siano più trascinati dalla loro forza di persuasione”. La Dimostrazione della predicazione apostolica (Epideixis), menzionata da Eusebio, era sconosciuta fino al 1904, quando se ne scoprì un manoscritto in versione armena. Può essere considerata come il primo catechismo degli adulti, sviluppato sul simbolo della fede. Si tratta infatti di una esposizione succinta della fede trasmessa dagli apostoli (il simbolo), seguita da una dimostrazione dell’oggetto di fede.

La tradizione della Chiesa asiatica aveva nella letteratura giovannea il suo punto di riferimento. Entro tale ambito Ireneo sviluppò le coordinate del dialogo cristiano con il popolo ebraico non tramite il confronto che avrebbe portato all’esclusione di una delle due religioni, ma con la lettura storica del dialogo di Dio con l’umanità, iniziato con la creazione e storicizzatosi con il popolo eletto in tensione verso l’inveramento delle promesse a esso fatte da Dio. In tale ottica, Ireneo indicò nella religione cristiana non il superamento della prima alleanza ma il suo compiersi, tuttavia anch’essa ancora in cammino verso l’avvento del regno di Dio annunciato da Gesù Cristo. La spiritualità di Ireneo è perciò tutta nella sua concezione della storia della salvezza. La storia di Dio con l’uomo – egli dice – è concretissima ed è quella narrata nelle Sacre Scritture e che viene comunicata dalla Chiesa degli apostoli o di origine apostolica come ad esempio la Chiesa romana, “la grandissima Chiesa, l’antichissima e conosciuta da tutti, fondata e costituita dai due Apostoli gloriosi Pietro e Paolo… con la quale, in ragione della sua origine più eccellente (potior principalitas), deve necessariamente essere d’accordo ogni Chiesa”. Il compimento progressivo dell’opera della salvezza porta l’uomo/l’umanità all’unione con Dio, il fine della creatura umana, sviluppato da Ireneo attraverso tre temi per lui principali: l’unità di Dio, l’economia della Ricapitolazione in Cristo di tutta la creazione, l’educazione progressiva dell’uomo.

Quanto all’unità di Dio, cioè un solo Dio dell’Antico e del Nuovo Testamento, esssa si trascina dietro l’unità delle Sacre Scritture costituite da un solo Libro: “Attraverso la polifonia delle parole si sentirà in noi un’unica melodia armoniosa inneggiante a Dio che ha fatto tutte le cose”; “La legge di Mosè e la grazia della nuova Alleanza, ambedue adatte ai loro tempi, sono state dispensate a vantaggio del genere umano da un solo e medesimo Dio”.
La Ricapitolazione in Cristo di tutta la creazione porta Ireneo ad approfondire il concetto di carne/corpo/sensibile capace di accogliere la salvezza di Dio con l’incarnazione del Verbo. “Qualunque cosa dicano con solennità, tutti gli eretici – egli conclude – arrivano in fin dei conti a questo: a bestemmiare contro il Creatore e a opporsi alla salvezza della creatura di Dio, che è la carne; per questa il Figlio di Dio ha compiuto tutta la sua economia”. L’opera progressiva di Dio (Padre Figlio Spirito) verso l’uomo è continua e mirabile. Spiega Ireneo: “Dunque attraverso quest’ordine, tali ritmi e tale movimento, l’uomo creato e plasmato diviene ad immagine e somiglianza di Dio increato: il Padre decide benevolmente e comanda, il Figlio esegue e plasma, lo Spirito nutre e accresce, e l’uomo poco a poco progredisce e si eleva alla perfezione, cioè si avvicina all’Increato; perché solo l’Increato è perfetto, e questi è Dio. Infatti, bisognava che l’uomo prima fosse creato, poi, dopo essere stato creato, crescesse, dopo essere cresciuto, divenisse adulto, dopo essere divenuto adulto, si moltiplicasse, dopo essersi moltiplicato, divenisse forte, dopo essere divenuto forte, fosse glorificato e, dopo essere stato  glorificato, vedesse il suo Signore”. Dio cioè, in una reciproca consuetudine, si abitua all’uomo, e l’uomo si abitua a Dio grazie al Verbo incarnato il quale abita l’uomo per riabituarsi a lui, ma anche per abituare l’uomo a ricevere Dio. “II Verbo di Dio – scrive Ireneo – abitò nell’uomo, divenne Figlio dell’uomo per abituare l’uomo ad accogliere Dio e abituare Dio ad abitare nell’uomo secondo il beneplacito del Padre”.