San Paolo Store

22/12/2017

Santa Francesca Saverio Cabrini

Gaetano Salvemini ha detto dei nostri emigrati nell’800: “Una metà tornava, l’altra metà o era inghiottita da una voragine senza fondo o, se sopravviveva, chiamava la famiglia”. Per salvare generazioni di immigrati dalla “voragine” negli Stati Uniti è entrata in campo una ragazza italiana, lombarda, di nome Francesca Saverio Cabrini. Nata settimina, sopravvissuta ai fratelli morti nell’infanzia, divenne maestra rurale; voleva andare missionaria in Cina (lo stesso sogno di san Francesco Saverio), ma nessuna comunità di suore l’accettava: così poca salute… Il suo vescovo le disse: “Nessun istituto ti vuole? Allora fondane uno tu stessa”. Era il 1880. Lo prese in parola subito, creando o Codogno (Milano) l’istituto “Missionarie del Sacro Cuore” con un’idea precisa: annunciare il Vangelo in Cina. Ma papa Leone XIII sconvolse i piani: “Niente Cina. Gli Stati Uniti e gli emigrati italiani, che hanno problemi tremendi”. Volontà d’acciaio accompagnata da pronta duttilità, madre Cabrini è svelta a riciclarsi nella nuova direzione, senza storie o rimpianti. Scopre la tragedia migratoria e va negli Stati Uniti con le prime suore, senza sapere l’inglese. Va tra gli emigrati giunti oltre Atlantico dopo essere stati depredati già in Italia, alla partenza, da albergatori, cambiavalute, strozzini, arruolatori e subito presi di mira da altri sfruttatori. A questi italiani lei consegna sé stessa e la sua vita, con passione lucida e intuizioni da manager. Afferra la globalità del problema: l’emigrato ha bisogno di istruzione e di salute, poi ne avranno bisogno i suoi figli, mentre lui invecchierà… E anche la sua soluzione è globale: madre Cabrini crea ospedali, dispensari, scuole, laboratori, centri sociali, case di riposo. Più di trent’anni di lavoro, l’Atlantico varcato settantatre volte, battaglie per trovare il denaro, i permessi, la gran fatica di formare altre suore. E il programma diventa imponente realtà. Splendida “costruzione” sono le suore di madre Cabrini: raggiungono gli emigranti dovunque, anche là dove i poliziotti non mettono piede, anche in carcere e persino alla soglia della “camera della morte” nel penitenziario newyorkese di Sing Sing. E lei marcia sempre in testa: “Quello che fanno le mie figlie, devo farlo anch’io. Nessuna differenza”. Questo piace agli americani: madre Cabrini somiglia ai loro eroi della Frontiera. Si è battuta senz’armi contro la “voragine” che inghiottiva tanti italiani. Al loro fianco ha testimoniato il Cristo soccorritore e risanatore, perché nessuno di loro debba più scrivere in Italia: “Qui si vive e si muore come le bestie”. La malaticcia che nessuno voleva trova il tempo di occuparsi anche dell’America Latina; poi torna negli Stati Uniti. E muore lì, tra gli emigrati, a Chicago, nel dicembre 1971. Anche da morta è rimasta in America: a New York, inumata presso la scuola che porta il suo nome, “Mother Cabrini”. Madre Francesca Saverio Cabrini è stata canonizzata nel 1946.