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30/03/2018

San Leonardo Murialdo

La sua famiglia è benestante e molto stimata nella Torino ottocentesca. Fama d’integrità di padre in figlio, religione professata e vissuta. A 16 anni, dopo lo studio presso i Padri Scolopi di Savona, Leonardo è incerto se diventare ufficiale di re Carlo Alberto o ingegnere. E invece a 23 anni (1851) eccolo ordinato sacerdote, dopo una splendida laurea in teologia all’università di Torino (che all’epoca ha pure la facoltà teologica). Ma non diventa un illustre cattedratico, come molti prevedono. Nel 1857 lo troviamo circondato da ragazzi scatenati e vocianti: dirige un oratorio a Torino, perché glielo ha chiesto Don Bosco. Poi, all’età di 37 anni, ridiventa “seminarista”, lui e la sua laurea. Ma in un seminario speciale, quello parigino di Saint-Sulpice. È un’immersione totale nelle novità educative e culturali d’Europa. Guardare oltre il muro di casa, andare oltre le usanze. Questo teologo dall’aspetto di solitario erudito è più avanti del suo tempo. È un prete ottocentesco – tanto per dire – che pratica nuoto e alpinismo, che invece di discutere di giornali ne fonda uno, ancora vivo al giorno d’oggi, la Voce del Popolo. Tornato da Parigi gli chiedono (no, lo supplicano, anche in ginocchio) di salvare il collegio Artigianelli di Torino, un’opera splendida creata da Don Giovanni Cocchi, ma ora sull’orlo della rovina.
Lui ne è come atterrito, ma poi accetta “provvisoriamente”, tremando. Ma non trema più quando si mette all’opera. Nei ragazzi orfani e abbandonati trova ora la ragione di tutte le sue scelte, lo scopo di tutti i suoi studi. I ragazzi valgono tutti i trentaquattro anni di vita che dedicherà loro, con fatiche, affanni, angosce e tanto silenzio. Così salva il collegio. Ma scopre che occorre dargli crescita, espansione; e che lui deve perciò trasformarsi in fondatore. Come Don Giovanni Bosco, come il Cottolengo. E così sarà. Nel 1873 fonda la Pia Società Torinese di san Giuseppe,  congregazione religiosa ora nota come “Giuseppini del Murialdo”. E dal collegio torinese si arriverà alle case giuseppine del Duemila in Europa, Africa, America. Interviene poi nella questione sociale, stimolando i cattolici del suo tempo a non gridare semplicemente l’allarme contro il socialismo “e poi rimanere nell’inerzia, e poi disinteressarsi delle classi povere e della loro ascesa morale e sociale”. Lui vuole quell’ascesa, nel concreto e nell’essenziale, ad esempio: prolungando l’obbligo scolastico dai 9 anni ai 12 e meglio ancora ai 14 anni. I poveri “ascendono” soltanto col sapere, e bisogna darglielo. Leonardo muore consumato dalle fatiche, arricchendo Torino e la Chiesa di “questa santità così semplice, così vera, così silenziosa e così feconda”, come ha detto Paolo VI scrivendo il suo nome tra i santi, il 3 maggio 1970.