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12/02/2018

San Benedetto d'Aniane

Vitiza, il nobile visigoto che all’ingresso in monastero mutò il suo nome in quello di Benedetto, nacque verso la metà del secolo VIII in Settimania, regione a sud dell’allora regno dei franchi, dove si erano rifugiati dalla Spagna gli ultimi goti sotto l’incalzare dell’avanzata islamica. Il padre, conte di Maguelonne, lo inviò ancora fanciullo alla corte del re Pipino il Breve, perché ricevesse una formazione culturale adeguata al suo elevato rango sociale. Vitiza entrò così nell’entourage politico-militare del sovrano franco, e alla morte di Pipino si pose al servizio di suo figlio Carlo, il futuro Carlo Magno. Nel giovane aristocratico goto stava però lentamente maturando un processo di conversione, che lo avvicinerà alla vita monastica. Un drammatico episodio determinò la svolta decisiva. Nel 774, mentre era al seguito di Carlo Magno, impegnato in Italia nella campagna militare contro i longobardi, Vitiza rischiò di morire annegato assieme al fratello durante l’attraversamento di un fiume. Attribuita a Dio la salvezza, si fece monaco con il nome di Benedetto, nel monastero di Saint-Seine, nei pressi di Digione. Qui praticò con grande rigore gli insegnamenti di Pacomio, un monaco orientale che aveva proposto dure pratiche ascetiche, ma nello stesso tempo si dedicò anche allo studio delle diverse regole monastiche, e fu attratto da quella di san Benedetto da Norcia, il santo abate di Montecassino che nel secolo VI aveva scritto una norma di vita monastica per vivere l’amore di Dio in comunità.

Insoddisfatto della disciplina praticata a Saint-Seine, rifiutò di divenirne abate e abbandonò quel monastero per ritirarsi nelle sue terre d’origine, a Aniane (oggi Linguadoca), dove edificò un modesto cenobio nel quale fu adottata l’osservanza della Regola di san Benedetto. Da quel piccolo monastero, destinato a diventare il centro di una grande riforma monastica, l’abate prese il nome, giacché fu chiamato Benedetto d’Aniane. Non molto tempo dopo Benedetto riallacciò i suoi rapporti con la corte carolingia e, grazie all’aiuto di Carlo Magno e di altri nobili franchi, fu possibile costruire un nuovo e più ampio monastero. L’abate di Aniane si inserì così negli schemi politici del sovrano franco, assecondò l’opera di unificazione monastica voluta da questi, incentrandola sull’osservanza della Regola di Benedetto da Norcia. Il successore di Carlo, Ludovico il Pio, lo volle come suo consigliere e lo incaricò della riforma dei monasteri dell’Aquitania. Ludovico fece poi costruire, non lontano da Aquisgrana, un vasto cenobio che, dal piccolo fiume che vi scorre vicino, prese il nome di Inda (ma più tardi fu denominato di Cornelimünster) e chiamò Benedetto a risiedervi. Nell’817 il sovrano, volendo estendere a tutti i  monasteri del territorio imperiale la riforma attuata dall’abate di Aniane, convocò a Aquisgrana un’assemblea degli abati dell’area franco-germanica. Benedetto presentò una serie di canoni, il Capitolare monastico, che fu promulgato dall’imperatore come nuova disciplina di tutti i monasteri dell’impero. Esso costituisce un’interpretazione e un adattamento della Regola di Benedetto da Norcia. Imponeva ai monasteri prescrizioni liturgiche uniformi, dando forte  rilevanza all’Ufficio divino, e determinava con maggior rigore la disciplina del digiuno e le norme riguardanti il cibo e le bevande. Accanto alla preghiera e alla recita dell’Ufficio, secondo gli insegnamenti contenuti nella Regola, l’abate di Aniane pose il lavoro, sia all’interno del monastero (la cucina, il forno, le officine), sia nei campi, per la raccolta dei frutti della terra. Il Cristianesimo aveva saputo superare il rifiuto del lavoro fisico, considerato dal mondo antico come segno di servitù. Benedetto di Aniane ebbe una visione positiva del lavoro manuale, e seguendo la Regola benedettina lo ritenne un’esperienza di ascesi religiosa e un momento di positiva elevazione umana. Applicando le consuetudini di vita derivate dalla lezione del fondatore di Montecassino, egli volle non solo salvare l’anima di chi desiderava abbandonare il mondo, ma anche spingerlo a diventare uno specialista della preghiera e della cultura, un raffinato interprete di canti e di musiche, un uomo dotto e una guida politica e spirituale della nuova realtà dell’Impero carolingio. La sua opera determinò in modo rilevante il successivo orientamento del monachesimo benedettino nella sua grande espansione in Europa, tanto che Benedetto d’Aniane merita di essere considerato il primo artefice dell’unità culturale e spirituale europea.
(di Dorino Tuniz)