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Romanzo autobiografico e saggio a un tempo, "Una strada senza nome" - titolo tratto dal Libro di Giobbe - è un'opera a parte nel percorso letterario di James Baldwin che in queste pagine tesse e intreccia, in un crudo arazzo, fatti temporalmente e geograficamente lontani. La questione razziale è il fil rouge. Scritto, come l'autore tiene a farci notare, dal 1967 al 1971 tra New York-San Francisco-Hollywood- Istanbul-Saint-Paul-de-Vence, grazie al punto di vista del viaggiatore e alla distanza che ha potuto prendere dai fatti vissuti e conosciuti, il libro attiene un discorso, che a tratti ha quasi il tono di un sermone, intimo e storico in quanto Baldwin ci riconduce alla sua infanzia e agli avvenimenti della fine degli anni Sessanta (in particolare gli assassinii di Evers, Malcom X e Martin Luther King) per testimoniare e denunciare la violenza e l'ingiustizia che nascono e crescono nell'odio razziale. Apparso contemporaneamente nel 1972 in Francia, Inghilterra e America, questo documento resta di grande attualità, continuando la questione razziale a essere uno dei problemi più importanti e urgenti nel mondo occidentale.
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