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RICORRENZA DEL GIORNO

25/11/2013

Giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Non c’è niente di più squallido e scioccante, barbaro e vigliacco che la violenza contro le donne.
L'uomo, il maschio, si fa forte di una tradizione che, seppur celata e apertamente condannata, persiste, e lo vuole “signore” e "padrone". L'uomo minaccia, insulta, umila. Perso in se stesso, vile e frustrato, esercita un diritto che non gli spetta e un potere che non gli appartiene. E non si rendi conto (o forse sì, ed è ancora peggio) che con il suo atteggiamento rovina e calpesta una vita.
E, dopo la violenza, supplica e piagnuccola: “Non lasciarmi, non abbandonarmi, perdono".
I dati sono allarmanti. Anzi, molto di più. Le statistiche dicono che:
-una donna su tre è vittima di violenza fisica, sessuale e psicologica
-la violenza si attua in casa, in quella che dovrebbe essere "rifugio"
-il colpevole, per lo più, è il marito, il fidanzato o l’ex (circa il 70% degli stupri è opera del partner, il 17% di un conoscente e solo il 6% di un estraneo)
-in genere l’uomo spinge, strattona, torce un braccio o tira i capelli (56,7% dei casi – dati Istat 2006), schiaffeggia, prende a calci e pugni (36,1%), minaccia con coltello e armi da fuoco (8,1%), e strangola o ustiona (5,3%). Poi, in ambito sessuale, molesta, costringe a rapporti non desiderati, stupra, spinge ad attività degradanti e umilianti. A tutto questo  accompagna una violenza "mentale" (isolamento,  stalking, ricatto economico, umiliazioni, intimidazioni)
-nella quasi totalità dei casi (circa il 90%) le violenze non sono denunciate: le donne hanno paura o si danno sempre e di nuovo speranza. Portano dentro di sé e sopportano un dolore che le segna per sempre
-solo il 18% delle donne considera la violenza subita in famiglia un “reato”, mentre il 44% lo giudica semplicemente “qualcosa di sbagliato” e il 36% “qualcosa che è accaduto”.
Il 25 novembre si celebra la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne istituita il 17 dicembre 1999 dall’Assemblea Generali dell’ONU. Per ricordare. Perché certe cose non possono né devono succedere.