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RICORRENZA DEL GIORNO

24/09/2013

Dante Alighieri muore in esilio (1321)

Dante Alighieri nasce nel 1265 da una famiglia dell’antica nobiltà toscana. Cresce a Firenze, si forma in retorica con Brunetto Latini,  frequenta i poeti stilnovistici (Guido Cavalcanti, Lapo Gianni e Cino da Pistoia) e ama la filosofia (su tutti Aristotele e San Tommaso). La sua grande passione, però, è la politica, che condizione in modo definitivo e concreto la sua esistenza: quando si tratta di gestire la contrapposizione tra guelfi bianchi e guelfi neri, come membro del Consiglio dei Cento (un organo di governo del Comune) si schiera a favore dell’esilio dei capi di entrambe le fazioni, il solo modo, pensa, di garantire la pace. Quando, però, i neri (fedeli a Bonifacio VII, contrapposti al potere imperiale) si impadroniscono della città, Dante viene ricoperto da accuse infamanti, sospeso dai pubblici uffici e condannato al pagamento di una pesante ammenda. Raggiunto dal provvedimento mentre si trova a Roma, non si presenta davanti ai giudici. Da allora, non farà più ritorno nella sua amata Firenze. Al di là della biografia, però, ciò che conta per davvero è l’opera, ciò che ha scritto e ciò che ha significato per la letteratura di ogni tempo. Dante è il padre della lingua italiana e le sue opere (la Vita Nova, il Convivio, il De vulgari Eloquentia e, soprattutto, la Comedia, meglio nota come la Divina Commedia) sono dei capolavori assoluti della letteratura mondiale.