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Tra gli storici di Roma Velleio Patercolo non è tra quelli che hanno riscosso il maggior credito presso la storiografia moderna. Egli, anzi, è stato spesso tacciato di opportunismo politico e di adulazione. Soprattutto la sua adesione convinta al Principato e il ruolo che buona parte del ceto italico emergente in età augusteo-tiberiana andava progressivamente assumendo, con funzioni di supplenza nei confronti dell'ordo precedente rappresentato per lo più dalla nobilitas romana, fanno di Velleio un protagonista degli inizi del Principato, visto con occhi sicuramente benevoli ma anche acuti e prudenti nel cogliere la nuova realtà politica. Già Cicerone nel "De officiis", come emerge attraverso una interpretazione politica dell'opera, vedeva nel ceto italico un nuovo protagonista della politica romana, e Orazio, a suo tempo, aveva intravisto, nelle "Odi civili", che l'esito delle guerre civili apriva nuove prospettive alle popolazioni italiche eredi della grandezza di Roma. Tutto questo si riverbera sull'opera di Velleio, anch'egli di origine italica; attraverso di essa egli esprime la soddisfazione per l'elevato grado militare raggiunto. Inoltre, il disegno dell'opera storica di ampio respiro, con la comprensibile maggior attenzione ai tempi nei quali viveva, ed una solida cultura di fondo che traspare dalla "Historia Romana ad M. Vinicium", offrono un quadro ordinato e ricco di notizie dal quale non si può prescindere, e del quale da tempo si sono riconosciuti l'impegno e il solido impianto storico, pur senza rigettare la tesi che lo vuole, almeno in parte, entusiasticamente favorevole al Principato e a Tiberio in particolare.
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