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Pubblicata nel 1778, la "Plastica" di Johann Gottfried Herder (1744-1803) costituisce il principale contributo dell'autore alla nascente riflessione estetica e un passaggio decisivo nella costruzione del suo assetto disciplinare moderno. Punto di arrivo di un dibattito secolare sullo statuto delle arti sorelle, la pittura e la scultura, la Plastica, infatti, giunge ad argomentare con una chiarezza e un'ampiezza di implicazioni straordinarie il conclusivo riconoscimento dell'autonomia teorica della scultura, conducendo, insieme, a una complessiva ridefinizione del moderno sistema delle arti e a un profondo ripensamento del ruolo e della funzione conoscitiva e artistica della sensibilità. Se infatti per un verso Herder, ponendosi nel solco della grande lezione di Winckelmann, individua nella scultura classica il modello di una compiuta umanità con cui il moderno necessariamente si confronta a partire dal riconoscimento di una distanza non più colmabile, per l'altro verso, fondando la peculiarità della scultura nel riferimento al senso conoscitivamente oscuro e ontologicamente profondo del tatto, apre a un criterio nuovo di comprensione del sapere estetico, rivolgendosi con decisione verso un'estetica non più intesa al modo di Baumgarten come logica della conoscenza sensibile, ma piuttosto storia della relazione fra il corpo umano e il suo mondo, che trova nella riflessione filosofica sulle arti il suo elettivo luogo di verifica. Un libro decisivo, dunque, per le implicazioni che ne derivano ai saperi della modernità tanto sul piano del sistema delle arti, in cui il criterio semiotico di distinzione dei media espressivi elaborato da Lessing nel Laocoonte cede a favore di un criterio antropologico fondato nella distinzione fra i differenti modi della sensibilità e della costruzione della realtà artistica, quanto poi per la definizione del sentire della modernità e della nostra stessa contemporaneità, come il lettore non mancherà di cogliere ad esempio nelle intense pagine dedicate al brivido intollerabile di ripugnanza che suscita il brutto nella rappresentazione plastica della morte. Il presente volume, curato da Davide Di Maio e Salvatore Tedesco, offre una nuova traduzione in lingua italiana del testo, corredata da apparati esegetici, critici e bibliografici.
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