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Tempo di misericordia. Vita di Jorge Mario Bergoglio

Libro di   Austen Ivereigh

Tempo di misericordia. Vita di Jorge Mario Bergoglio Libro di  Austen Ivereigh
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La sera del 13 marzo 2013, davanti a una folla di duecentomila persone raccolte in piazza San Pietro sotto la pioggia battente, si levò l'attesa fumata bianca. Ma quando il cardinale Jean-Louis Tauran annunciò il nome del nuovo pontefice, quasi nessuno, nemmeno i vaticanisti più esperti, si aspettava di udire il nome di Jorge Bergoglio. Bastarono però poche parole e il papa che era "stato trovato alla fine del mondo" quella sera ne conquistò il cuore. A partire dal nome. Vocabor Franciscus, "Mi chiamerò Francesco", aveva detto ai porporati alla conclusione del conclave: lo stesso nome del poverello di Assisi che aveva gettato alle ortiche le vesti di seta per indossare i panni degli ultimi. A quelle parole, nei giorni e nei mesi successivi ne seguirono altre, e alle parole si accompagnarono gesti che avrebbero radicalmente trasformato l'immagine del successore di Pietro: il papa che paga il conto dell'albergo, che rinuncia alla limousine, che sale la scaletta dell'aereo portando da sé una semplice borsa. Un papa che per la sua prima visita fuori Roma sceglie l'isola di Lampedusa per porre all'attenzione di tutti la tragedia senza fine dei migranti. Immagini semplici e al tempo stesso potenti di una Chiesa non più autoreferenziale, che vuole cambiare e uscire da se stessa per raggiungere le periferie geografiche ed esistenziali del mondo. Una Chiesa che vuole conservare il "mysterium lunae", cioè la capacità di riflettere soltanto la luce che proviene da Dio.

Che Bergoglio non sia un papa “normale” (sempre che esistano papi “normali”) è un fatto acclamato. Così come il fatto che la sua modestia, il suo sorriso e la sua attenzione nei confronti degli ultimi non siano un atteggiamento di facciata, un'operazione di markting o una toppa che copre il brutto che alberga anche all'interno della Chiesa e delle sue gerarchie. E Austen Ivereigh, giornalista e vaticanista inglese, lo dimostra ripercorrendo la biografia dell’uomo, della persona, prima ancora che del pastore.   
Un libro che ci avvicina ulteriormente a una figura che ci è già prossima,  quasi famigliare.

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