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14/07/2018

San Camillo de Lellis di Dorino Tuniz

Camillo de Lellis, iniziatore di una riforma nel campo sanitario le cui intuizioni e indicazioni conservano ancor oggi tutta la loro validità, era un abruzzese, nato nel 1550 a Bucchianico di Chieti, che allora faceva parte del Regno di Napoli, possedimento spagnolo. Suo padre Giovanni, soldato di professione, gli trasmise il gusto dell’avventura e la passione per il gioco d’azzardo. Il giovane Camillo, esuberante e ribelle, dopo aver imparato a malapena a leggere e a scrivere, intraprese la carriera militare come soldato di ventura, e fu al soldo della Repubblica di Venezia e della Spagna a Zara, Corfù e Tunisi. Non si vantò mai delle imprese a cui aveva partecipato, e lui stesso confessò di essere stato un “soldataccio”, motivato solo dallo stipendio che percepiva e che regolarmente sperperava nel gioco, dove una volta perse tutto, anche la spada e la camicia. Giunse al punto di dover chiedere l’elemosina ai cappuccini del convento di Manfredonia, dove si adattò a svolgere lavori da manovale. Ma a 25 anni, nel 1575, conobbe una crisi spirituale e, come raccontava lui stesso, la grazia del Signore lo toccò sulla strada fra San Giovanni Rotondo e Manfredonia. Chiese di vestire l’abito dei cappuccini ed entrò nel noviziato di Triento (Campobasso), che dovette però ben presto lasciare per il riaprirsi di una piaga al piede, conseguenza di una ferita, che già quattro anni prima lo aveva costretto al ricovero nell’ospedale di San Giacomo degli Incurabili a Roma. Dopo la guarigione tentò di nuovo la vita religiosa, ma per il riacutizzarsi della ferita fu costretto a lasciarla definitivamente. Fece ritorno a Roma, al San Giacomo, dove restò per alcuni anni come sovrintendente.

All’ospedale di San Giacomo, Camillo fu testimone diretto dell’abbandono e dell’incuria in cui versavano i malati. A giudicare da alcuni grandi ospedali sorti in quegli anni, si potrebbe pensare che nel Cinquecento non facesse difetto la sensibilità né l’attenzione per gli ammalati. In varie città italiane erano state costruite grandi e addirittura imponenti strutture sanitarie. L’ospedale di San Giacomo a Roma, dove si trovava Camillo, era stato progettato da alcuni degli architetti più celebri del tempo. Nella grande corsia lunga più di cento metri, larga dieci e alta otto, trovavano posto quasi duecento letti, che potevano diventare più del doppio nei periodi di emergenza. Sottostante a questa, vi era un’altra corsia, che poteva contenere almeno un centinaio di letti. Sempre a Roma, l’ospedale di Santo Spirito, voluto da papa Sisto IV, aveva una corsia di 120 metri, ornata di uno splendido soffitto a cassettoni, e poteva accogliere tra i 400 e i 500 infermi. Altri grandi ospedali erano sorti a Genova (Pammatone), a Firenze (Santa Maria Nova), a Napoli (gli Incurabili) e soprattutto a Milano, dove la celebre Ca’Granda era definita “una città nella città”. Ma a questa imponenza architettonica non corrispondeva una adeguata assistenza dei malati. Al di là della spaventosa mancanza dei più elementari principi igienici, propria di quel secolo, esistevano carenze molto gravi nel personale incaricato dell’assistenza. Non solo il più delle volte era insufficiente, ma di norma reclutato fra gente instabile, mercenaria ed ex galeotti. In questi ospedali, sempre sovraffollati per le frequenti epidemie, nessuno, ad esempio, assisteva gli ammalati gravi all’ora dei pasti, i letti venivano rifatti saltuariamente, la biancheria cambiata in modo irregolare e spesso invasa da parassiti. Il pregiudizio che aria e acqua fossero dannosi agli infermi faceva regnare nelle corsie un’aria pesante e maleodorante. Camillo si trovava in una struttura di questo tipo quando, nel 1582, ebbe l’idea di formare un gruppo di infermieri che si occupassero dei malati “non per mercede, ma volontariamente e per amore di Dio”: nacque la Compagnia dei Servi degli infermi.

Nel 1584 Camillo fu ordinato sacerdote. Sapeva appena leggere e scrivere, era una persona “senza lettere”, estranea alle dispute teologiche del tempo. Eppure tutta la sua opera rivela una capacità di lettura attenta e personale del Vangelo e una ispirazione originale, che passavano attraverso l’insegnamento impartito e la forza del suo esempio. La prima idea attuata da Camillo si evolse fino all’istituzione di una comunità religiosa conforme alle norme canoniche del tempo. Nel 1586 papa Sisto V approvò la Congregazione dei Ministri degli Infermi, che Gregorio XIV nel 1591 elevò allo statuto di ordine religioso. Inizialmente il fondatore dei Ministri degli infermi aveva pensato di operare solo a Roma. Ma il suo istituto era andato consolidandosi e espandendosi assai rapidamente, così che la notizia della sua riforma era giunta in molte altre città italiane, che richiedevano sempre più spesso la sua opera. Nel 1588 assunse il servizio degli ammalati all’Ospedale degli Incurabili di Napoli, nel 1594 alla Ca’Granda di Milano e al Pammatone di Genova; l’anno seguente i suoi confratelli si recarono in Ungheria al seguito degli eserciti impegnati nella guerra contro i turchi, costituendo così il primo nucleo di sanità militare organizzata. Negli anni successivi i camilliani furono chiamati a Bologna, Ferrara, Firenze, Messina, Palermo e Caltagirone. Camillo, nonostante l’impedimento della gamba malata, intraprese un gran numero di viaggi in varie città italiane per aprire nuove fondazioni o consolidarle nella fedeltà agli obiettivi. Nel 1607, dopo la rinuncia al generalato, ottenne di far parte della comunità di Milano, servendo gli ammalati alla Ca’ Granda. Qui, nei cinque mesi della sua permanenza, redasse le Regole, che descrivono anche l’organizzazione dei religiosi addetti nelle grandi sale dell’ospedale. A quel tempo l’Ordine religioso contava ormai 15 case e oltre 300 religiosi (135 religiosi erano già morti per malattia contratta nel servizio agli ammalati durante le epidemie di pestilenza). Oltre ai Ministri degli Infermi, considerano Camillo ispiratore e guida le Ministre degli Infermi di san Camillo, fondate a Lucca nel 1841, le Figlie di san Camillo, fondate a Roma nel 1892, e l’Istituto Secolare Missionarie degli Infermi “Cristo Speranza”, fondate nel 1947. Camillo de Lellis morì a Roma nel 1614. Fu canonizzato da Benedetto XIV nel 1746. Nel 1886 Leone XIII lo proclamò, assieme a san Giovanni di Dio, patrono dei malati e degli ospedali; nel 1930 fu proclamato patrono del personale ospedaliero da Pio XI; nel 1974 patrono della Sanità militare italiana da Paolo VI. Dal 1964 è anche patrono dell’Abruzzo.