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RICORRENZA DEL GIORNO

12/05/2013

Una palla di cannone

Jonah Lomu nasce nella periferia di Aukland, in Nuova Zelanda, il 12 maggio 1975. Ha un fisico imponente, 196 centimetri di altezza per 120 chili di peso. È la sua fortuna, ciò che lo salva dalla strada, da un destino segnato: a soli diciannove anni esordisce con la nazionale di rugby del suo paese, gli All Blacks: chiunque conosca il mondo della palla ovale sa di cosa parliamo. Una squadra mitica, leggendaria. Riconoscibile anche per la danza tradizionale, l’haka, con cui si presenta agli avversari prima della gara.
Nonostante il fisico e la tecnica non sopraffina, Jonah gioca ala. Perché? Perché è forte come un toro e veloce come una gazzella (corre i 100 metri in 10,8 secondi, il record italiano, di Mennea, è 10,1). Immaginate un treno che sfreccia verso di voi a una velocità supersonica. Fa spavento. Gli avversari quasi si scansano. Chi si oppone viene travolto. O non fa tempo a placcarlo. Capita che parta da metà campo e, senza troppi cambi di direzione, giunga in meta. Dritto e impetuoso come una palla di cannone.
Ai mondiale del 1995 fa quattro mete in semifinale con gli inglesi e guida la sua squadra in finale. Nonostante la sconfitta, è eletto miglior giocatore del torneo. Il mondo si accorge di lui. Gli esperti lo celebrano, i tifosi lo amano, gli sponsor lo reclamano. Risponde come sa: in silenzio, con un sorriso malinconico. Correndo come un bufalo.
Alla fine del 1996 le cose cambiano, prendono una brutta piega: Lomu, spesso ammalato, si sottopone a delle analisi. Il responso è duro, inaspettato: nefrite, una sorta di infiammazione ai reni. Al culmine della carriera, poco più che ventenne, è costretto a fermarsi.  Per un anno morde il freno. Poi rientra. Ci mette un po’, schiacciato dalle aspettative e dalla voglia di spaccare il mondo. Ce la fa: al Mondiale del 1999 fa il record di mete realizzate, otto in cinque partite. I tifosi pensano: è tornato. 
Quasi.
Jonah stringe i denti. Ma il corpo non ne vuole sapere: “Se non vuoi finire sulla sedia a rotelle”, gli dicono i medici, “devi sottoporti a un’operazione”. Un trapianto. Ai reni.  II 28 luglio 2004 Jonah si opera. Il 10 dicembre 2005 torna in campo. E ce la fa, segna anche una meta. Ma è inutile. Non è più quello di prima. Resiste per qualche anno, gioca addirittura tra i dilettanti, in Francia. Infine, nel 2010, annuncia il ritiro. A modo suo, con la voce bassa, gli occhi malinconici e un sorriso timido. E, dentro di sé, una gran voglia di correre.