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RICORRENZA DEL GIORNO

06/12/2013

ThyssenKrupp e le "morti bianche"

Ce ne dimentichiamo sempre. Non ne parliamo mai. Eppure dovremmo. E non dovremmo solo parlarne, ma dovremmo scandalizzarci (ripetiamo: scandalizzarci) ogni volta che ne abbiamo notizia, pressoché ogni giorno. I dati parlano chiaro. Secondo l’Osservatorio Indipendente di Bologna, un riferimento nel campo, le morti nel 2011 sono state 1170 rispetto alle 930 riportate dall’Inail (che conteggia solo i suoi assicurati e non considera diverse categorie, come gli agricoltori pensionati, i militari e le forze dell’ordine). Al di là delle discrepanze, le statistiche sono comunque impressionanti.
Eppure.
Eppure continuiamo a chiamarle “morti bianche”, senza renderci conto che non hanno nulla a che fare con il candore. Dovremmo chiamarle “morti invisibili”, semmai, visto lo spazio di cui godono sia sui media sia nella società: andate al bar, in biblioteca, in piazza. Ascoltate i discorsi delle cosiddetta gente comune. Parla di tutto, di sport, economia, politica, televisione… di chi muore sul posto di lavoro, spesso per una banale mancanza o la ben che minima prevenzione, non si parla se non quando accade qualcosa di clamoroso.
Il sei dicembre 2007 scoppia un incendio nello stabilimento torinese della ThyssenKrupp. Muoiono sette operai. La notizia, e il dramma, occupa qualche giorno, qualche settimane. Poi è di nuovo silenzio.