Il 5 febbraio 1936, al teatro Rivoli di New York, si assiste alla prima mondiale di Tempi moderni, capolavoro assoluto della cinematografia mondiale. Come farà quattro anni più tardi con Il grande dittatore, Charlie Chaplin, sceneggiatore, regista e interprete, mostra un talento straordinario nell’affrontare la realtà, nel coglierne gli aspetti drammatici e paradossali, e nel renderli con un tono unico: dolce e ironico e spiazzante insieme. Il film, sonoro ma non parlato (si sentono solo i rumori dei macchinari e, per la prima volta, la voce dello stesso Chaplin, che canta una canzone in una lingua inventata), mette in scena i gesti ripetitivi e i ritmi alienanti della catena di montaggio, e la difficoltà di fare parte del sistema senza diventare un mero marchingenio.