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RICORRENZA DEL GIORNO

22/09/2013

Roberto Saviano (1979)

Roberto Saviano nato a Napoli il 22 settembre 1979. Ha 34 anni.
Giovanni Tizian ne ha 30, Lirio Abbate 42, Rosaria Capacchione 53.
Sono persone diverse, hanno storie diverse, hanno orizzonti diversi. Hanno un solo obiettivo: raccontare. Non accontentarsi delle apparenze, scavare, curiosare, andare sotto la superficie. Sono tutti giornalisti, persone che battono i marciapiedi, che si consumano la suola delle scarpe, che tengono le orecchie e gli occhi aperti. E che per questo sono stati minacciati, condannati dalle mafie, ricattati dai criminali. Hanno subito intimidazioni. Hanno ricevuto lettere minatorie, hanno trovato i copertoni delle auto bruciati. E come loro ce ne sono tanti, tantissimi, troppi. Costretti a vivere sotto scorta. A rinunciare a parte della loro vita.
Scrive Saviano ne La bellezza e l'inferno:
"Scrivere, in questi anni, mi ha dato la possibilità di esistere e se qualcuno ha sperato che vivere in una situazione difficilissima potesse indurmi a nascondere le mie parole, ha sbagliato. Ho scritto in una decina di case diverse. Tutte piccolissime e buie. Le avrei volute più spaziose, luminose, ma nessuno me le fittava. Non potevo girare per cercarle e nemmeno decidere da solo dove abitare. E se diventava noto che io stavo in quella via ero subito costretto a traslocare. È la situazione di molti che vivono nelle mie condizioni. Ti presenti a vedere l'appartamento che con fatica i carabinieri hanno selezionato, ma appena il proprietario ti riconosce, la risposta è sempre la stessa: "La stimo moltissimo, dottore, ma ho già molti problemi. Capisce, qui la gente ha paura". Però accanto a questa paura, copertura vile per non voler essere ascritti a una parte - alla mia - , ci sono stati anche i gesti di molti che non conoscevo, che mi hanno offerto un rifugio, una stanza, amicizia, calore. E anche se spesso non ho potuto accettare le loro proposte, ho scritto pure in quei luoghi ospitali e colmi di affetto. Molte pagine non le ho nemmeno scritte in una casa, ma in camere d'albergo. Buie, senza finestre da poter aprire, senza aria. All'estero è capitato anche che non vedessi nient'altro che quelle camere e il profilo della città dietro i vetri oscurati di una macchina blindata […] Più spesso ancora ho scritto in caserma. Nel ventre quasi vuoto e immobile di una grande, vecchia balena fatta per operare. Mentre fuori intuisci movimento, c'è il sole, è già estate. Sai che se potessi uscire, in due minuti passeresti davanti alla tua vecchia casa, la prima dove ti dissero "Finalmente te ne stai andando!", e in altri cinque saresti al mare. Ma non puoi farlo. Però puoi scrivere. […] Ho visto che nella mia terra sono comparse scritte contro di me. "Saviano merda". "Saviano verme". E un'enorme bara con il mio nome. E poi insulti, continue denigrazioni a partire dalla più ricorrente e banale: "Quello s'è fatto i soldi" [...] Gli insulti, le accuse: troppo esposto, poco esposto, è tutto falso, è tutto costruito, quelli che senza vergogna dicono dovevi stare zitto, te la sei cercata, sei un furbetto, molti vivono come te non ti lamentare, è colpa tua, sei un divo, sei una merda, sei un cialtrone, sei un copione […] Oggi, qui in questa stanza dove sono, ospite di chi mi protegge, è il mio compleanno. Penso a tutti i compleanni passati così, da quando ho la scorta. Penso che non potrò mai più passarne uno normale nella mia terra, che non potrò mai più metterci piede".