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RICORRENZA DEL GIORNO

05/08/2013

Reagan e il sindacato (1981)

Quando è cominciata la “crisi”? C’è un evento che possa dirsi “inizio”? Esiste una data che possa fungere da spartiacque?
No, certo, non è possibile: sarebbe un approccio semplicistico. E poi, forse, alla lunga abbiamo tutti la vista un po’ annebbiata: sono anni, ormai, che ci siamo dentro. E una generazione (quella degli attuali venti/trentenni) non ha mai conosciuto un altro orizzonte: per la prima volta, dicono le statistiche, starà peggio di quella che l’ha preceduta (a questo proposito, sarebbe interessante ragionare sulla nozione di “progresso”…).
Siamo così impegnati ad affrontare gli effetti che ci siamo dimenticati le cause (visto il periodo, verrebbe da dire: siamo così presi a nuotare in acque agitate che non sappiamo neppure come ci siamo spinti così al largo).
Tuttavia ci sono dei passaggi importanti, che, per quanto piccoli o grandi siano, segnano la storia.
Un esempio: esattamente trentuno anni fa, dopo appena due giorni di sciopero, Ronald Reagan licenzia gli 11.359 controllori di volo che hanno ignorato il suo ordine di tornare al lavoro. Non si accontenta: dichiara il sindacato illegale. E trova due preziosi alleati: l’AFL–CIO, la più grande confederazione sindacale degli USA , e, ovviamente, il grande capitale rappresentato da Wall Street.
Quel giorno, dicono gli storici, succede per la prima volta: la classe media americana perde compattezza, il lavoratore medio resta solo. Il mondo del lavoro comincia a mutare radicalmente.
Certo, sono gli Stati Uniti e sono gli anni Ottanta. E probabilmente è una visione parziale (che non tiene conto delle responsabilità delle classe media e dei sindacati – che ci sono eccome).
Ma in questo mondo globalizzato, come si dice, un battito d’ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo. Non importa di che tipo sia, se naturale o finanziario.