Hu Yaobang è stato segretario del Partito Comunista Cinese fino al 1987. Dopodiché, per via delle sue posizioni riformiste, viene destituito. Il 15 aprile 1989 muore in seguito a un attacco cardiaco.
Gli studenti, gli intellettuali, gli operai scendono in piazza: vogliono ricordarlo, vogliono che il Partito prenda una posizione ufficiale, che lo riabiliti, che faccia proprie le sue idee di libertà.
La leadership comunista e i media li ignorano, anzi: il 27 aprile il “Quotidiano del Popolo” pubblica un articolo a firma Deng Xiaoping in cui gli oppositori sono accusati di essere traditori e di lavorare contro lo Stato. È una provocazione: il giorno seguente 50.000 studenti scendono nelle strade della Capitale, il 4 maggio sono 100.000; chiedono riforme, libertà, aspirano a un confronto con le autorità.
C’è una tregua.
Dopo un ventennio di ostilità, il segretario del PCUS, Michail Gorbaciov, è in visita in Cina. Per gli oppositori è una speranza, un simbolo: l’Europa, i paesi dell’Est, stanno cambiando; rappresentano un’ideale di libertà, una possibilità.
La protesta riprende, si fa più dura. Più popolare.
I vertici del Partito tentennano, non sanno come reagire.
Infine decidono: legge marziale, repressione.
Gli oppositori non rinunciano, continuano a lottare: manifestano, fanno lo sciopero della fame; la maggior parte occupa piazza Tienanmen, il cuore simbolico di Pechino.
C’è un momento di stallo, la situazione rimane in sospeso per giorni e gironi.
Poi, la notte del 3 giugno l’esercito si muove, avanza dalle periferie al centro della città. Non si ferma di fronte a niente.
È un massacro.
Il 4 giugno il primo carrarmato penetra all'interno della piazza, schiacciando con il pugno di ferro ogni reazione.
La censura impedisce che si diffondano immagini e dati certi (il governo cinese parla di 200 civili e “alcune dozzine di soldati morti”, la Croce Rossa di 2600 morti e 30.000 feriti). Ciò che si sa, ciò che rimane è un atto di violenza e un grido di dolore che segneranno per sempre la storia della Cina, e del mondo tutto.