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RICORRENZA DEL GIORNO

19/01/2014

Paolo Borsellino

Quando si parla di certe figure si rischia di scivolare nella retorica. Borsellino è una di queste. Per questo, ci limitiamo alla semplice e, per forza di cose, breve biografia, che dice tanto, molto più che le parole che la raccontano.
Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940. Dopo gli studi classici, si laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti e nel 1963 supera il concorso in Magistratura. Lavora come uditore giudiziario presso il tribunale civile di Enna e pretore a Mazara del Vallo e Monreale, poi, nel 1975, entra nell'Ufficio istruzione processi penali di Palermo guidato da Rocco Chinnici, con il quale stringe un rapporto stretto, quasi figliare. Nel 1980 entra a far parte del neonato pool antimafia: la lotta alla criminalità organizzata, ormai, è la sua priorità, il senso della sua vita.
Il 4 agosto 1983 Chinnici viene ucciso in un attentato. Il sostituto, il giudice Caponnetto, si presenta con rispetto e determinazione, proseguendo il lavoro del pool e ottenendo alcuni risultati clamorosi come l’arresto di Vito Ciancimino, sindaco di Palermo, e il pentimento di Tommaso Buscetta. È in questo clima che nel febbraio del 1986 si istituisce il Maxiprocesso, una pagina fondamentale della storia italiana.
Nel 1987 Caponnetto è costretto a lasciare la guida del pool per motivi di salute. Tutti, e Borsellino in particolare, attendono la nomina di Giovanni Falcone. Il Csm, invece, si appella al criterio di anzianità e nomina Antonino Meli.
Borsellino e Falcone finiscono nel centro del mirino: sono accusati di protagonismo, di errori, di ambizioni politiche. Il dibattito sull’istituzione della superprocura, e sul suo responsabile, si infiamma. Mentre Falcone si reca a Roma come direttore degli affari penali, nella speranza di coinvolgere i politici, Borsellino continua la battaglia come procuratore aggiunto presso la Direzione distrettuale antimafia.
Nel maggio 1992 Giovanni Falcone, di ritorno da Roma, viene ucciso insieme alla moglie e agli uomini della scorta in un terribile attentato nei pressi dell’aeroporto di Palermo, la cosiddetta “strage di Capaci”.
È un fatto drammatico. Un messaggio e una sfida violentissima lanciata dalla criminalità organizzata nei confronti dello Stato. Borsellino non è solo un solo collega di Falcone. È un amico, ne condivide volontà e determinazione, il rifiuto di ogni compromesso. Quando gli propongono di prendere il suo posto come candidato alla superprocura, rifiuta. Resta a Palermo. Con ancora più forza.
Il 19 luglio 1992 un’autobomba esplode in via D’Amelio, sotto la casa della madre. Borsellino muore sul colpo. L’agenda rossa sulla quale appunta indagini e sospetti scompare. Il suo insegnamento no. Come la sete di giustizia che anima soprattutto le nuove generazioni, termine privilegiato del suo impegno.