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RICORRENZA DEL GIORNO

17/03/2014

L'Italia

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato (dal testo di legge n. 4671, votato il 17 marzo e diventato legge il 21 aprile 1861).
A Torino, nella sede di Palazzo Carignano, Vittorio Emanuele II viene nominato re d’Italia: è l’atto ufficiale con cui nasce il Regno, l’atto finale di un processo di unificazione durato anni e costato molto in termini di vite umane. Dopo secoli di dominio straniero, divisioni e guerre intestine, grazie al fiuto politico e diplomatico di Camillo Benso di Cavour, l’entusiasmo rivoluzionario di Giuseppe Garibaldi e dei Mille, lo slancio ideale di Giuseppe Mazzini, l’Italia diventa Nazione.

Dice il cardinale Angelo Bagnasco nella prolusione al X Forum del Progetto Culturale (2 dicembre 2010):
Cogliere il contributo cristiano rispetto al destino del nostro Paese richiede una lettura della storia scevra da pregiudizi e seriamente documentata, lontana dunque tanto da conformismi quanto da revisionismi. In effetti, ben prima del 1861 la nostra realtà italiana, per quanto frammentata in mille rivoli feudali, poi comunali, quindi statali, aveva conosciuto una profonda sintonia in virtù dell’eredità cristiana. Ne è prova assai significativa la persona di S. Francesco d’Assisi, cui si lega il ripetuto uso del termine Italia, ancora poco corrente nel Medioevo (…) Accanto a S. Francesco sono innumerevoli le figure - anche femminili, come S. Caterina da Siena - a dare un incisivo contributo alla crescita religiosa e allo sviluppo sociale e perfino economico della nostra Penisola. Da qui si ricava la constatazione che l’unico sentimento che accomunava gli italiani, a qualsiasi ceto sociale appartenessero e in qualunque degli Stati preunitari vivessero, era quello religioso e cattolico. Affermare questa origine dell’Italia non significa ingenuamente rimarcare diritti di primogenitura, ma solo cogliere la segreta attrazione tra l’identità profonda di un popolo e quella che sarebbe diventata la sua forma storica unitaria, per altro non senza gravi turbamenti di coscienza e, per lungo tempo, irrisolti conflitti istituzionali (…) E’ di tutta evidenza che lo Stato in sé ha bisogno di un popolo, ma il popolo non è tale in forza dello Stato, lo precede in quanto non è una somma di individui ma una comunità di persone, e una comunità vera e affidabile è sempre di ordine spirituale ed etica, ha un’anima. Ed è questa la sua spina dorsale.