Tohru Iwatani è al ristorante. Taglia una fetta dalla sua pizza. La mangia. Non c’è niente di strano.
Eppure… eppure torna a casa, pensa, ripensa; si mette al lavoro.
Dopo un anno, grazie all’aiuto di tecnici informatici e programmatori, presenta “Pac-Man”, l’icona, il simbolo della nascente industria dei videogiochi.
Chi non lo conosce? Chi non ci ha giocato, o quanto meno ha visto giocarci almeno una partita?
È stato, ed è ovunque: nei bar sotto casa, nelle sale gioco vicino al mare, nelle prima “rudimentali” consolle, perfino in una serie di cartoni animati. La sfera gialla si aggira in un labirinto, si nutre di strane sfere e sfugge ad altrettanto strani fantasmini: su, giù, destra, sinistra. È un successo strepitoso: alla prima versione ne seguono una seconda, una terza… fino a quando, il Pac-man e, più in generale, i video-games diventano una realtà quotidina, diffusa epopolare. Nel bene e nel male.