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RICORRENZA DEL GIORNO

14/11/2013

Monsignor Della Casa e il Galateo

È il Cinquecento, siamo a Firenze, nel pieno del Rinascimento italiano. L’uomo occupa il centro della scena. La sua collocazione nell’universo e il suo ruolo nella società sono gli assi cartesiani della speculazione. La perfezione del Creato, la sua “misura”, rappresenta l’occasione per guardare in alto, per non farsi schiacciare dalle preoccupazioni “mondane”.
Giovanni Della Casa (28 luglio 1503 – 14 novembre 1556) è un uomo colto, appassionato di classici greci e latini. Dopo gli studia a Firenze, Bologna e Padova, si trasferisce a Roma, dove intraprende la carriera ecclesiastica. Nel 1544 diventa arcivescovo di Benevento e, nello stesso anno, nunzio apostolico a Venezia, dove compone numerosi versi e trattati, e introduce in Veneto il tribunale dell’Inquisizione.
In seguito alla morte del suo protettore, Alessandro Farnese, e l’elezione di papa Giulio III vive un periodo di difficoltà, e si ritira in un paesino del trevigiano, Nervesa, dove compone la sua opera più famosa, il Galateo overo de’ costumi, il trattatello che insegna a “essere costumato, piacevole e di bella maniera” e fornisce un insieme di norme che esprimono gli ideali rinascimentali del dominio di sé e dell’armonica eleganza e che si sono sviluppate nel corso del tempo e, purtroppo, della sua degenerazione.