RICORRENZA DEL GIORNO
07/05/2013
Messner e la "dea madre"
Come si dice? Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.
E come Reinhold Messner, di duri, ce ne sono pochi.
Ragazzi, qui parliamo di serie A, del meglio del meglio.
Lasciate perdere le passeggiate della domenica. E anche il vostro amico che si allena e si arrampica in palestra. Sarebbe ingeneroso fare confronti.
Messner è uno dei grandi. Non ce ne sono molti come lui. Anzi.
Se proprio dobbiamo pensare a qualcuno ci viene in mente Walter Bonatti. Un altro che, come lui, amava la montagna. E la natura. E il rapporto speciale che li unisce. Un uomo che, come lui, amava la solitudine ma sapeva apprezzare la compagnia. Purché fosse onesta, corretta.
Entrambi, Bonatti e Messner, sono stati dei pionieri, dei campioni nel senso più antico e pieno: unità di anima e corpo. Messner è stato il primo alpinista a scalare i quattordici Ottomila sparsi per il mondo. Il primo a scalare l’Everest, la montagna più alta, 8.848 metri a livello del mare, senza l’ausilio dell’ossigeno (7 maggio 1978).
Poi, come Bonatti, si è fermato. Ha cercato stimoli altrove: le montagne, le sue montagne, sono rimaste l’ispirazione. Ma dopo averle “attaccate” ha deciso di difenderle, di tutelarle dall’assalto di un’umanità che vuole rendere comoda, semplice e a portata di tutti l’avventura. Che, come invece è giusto che sia, spetta a pochi. Ai duri.
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