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RICORRENZA DEL GIORNO

10/08/2013

Leonida e la battaglia delle Termopili (480 a.C.)

Serse, re di Persia, ha un obiettivo, lo stesso di suo padre, Dario: la conquista della Grecia e la resa definitiva degli ellenici. Secondo Erodoto, il suo esercito è formato da quasi cinque milioni di uomini, milleduecento triremi e tremila navi da trasporto. In poche parole, è l’esercito più grande che il mondo abbia visto fino a quel momento.
Di fronte alla minaccia persiana, le polis greche, in genere litigiose e fiere delle proprie differenze, si riuniscono in un’alleanza guidata da Sparta e dal suo re, Leonida.  L’obiettivo è bloccare l’avanzata persiana nel nord della Grecia, presso lo stretto passo delle Termopili (fiancheggiato, da un lato, da montagne pietrose e, dall’altro, dal mare), e prendere tempo in attesa che il grosso dell’esercito greco si organizzi e si unisca alla battaglia. Leonida, fiero re e combattente spartano, porta con sé 300 opliti.
Serse non si scoraggia, al contrario: “Vi do cinque giorni”, dice, “perché vi ritiriate”. Alcuni disertori del suo esercito (per lo più greci arruolati con la forza) testimoniano la serietà e la gravità della minaccia: “Sono così tanti”, dicono, “da oscurare il sole con le loro frecce”.
“Bene”, risponde Leonida, “allora combatteremo nell’ombra.”
L’ultimatum di Serse scade, e nulla succede. I persiani attaccano, ma le loro frecce e le corte lance non feriscono le formazioni degli opliti greci, compatti e armati di lunghe lance.
I greci, dice Erodoto, combattono a turno, concedenosi un po’ di riposo tra uno scontro e l’altro: si accasciano a terra, sudati e sporchi di sangue, prendono fiato, e riprendono a combattere. La flotta persiana, intanto, è bloccata dalla navi ateniesi capitanate da Temistocle.
Il terzo giorno di assedio Leonida si rivolge ai suoi uomini: “Fate una colazione abbondante”, dice, “perché questa notte ceneremo nell’Ade”. Il giorno stesso, un greco, Efialte, tradisce i suoi, rivelando a Serse l’esistenza di un percorso alternativo per superare le Termopoli.
È la fine.
Leonida ne è consapevole: allontana tutti i soldati, tranne i suoi trecento uomini; è un suicidio, lo sa, ma è il solo modo per rallentare l’avanzata persiana e permettere ai greci di riorganizzare le difese.
Quando Serse gli intima di consegnare le armi, Leonida risponde fiero: “Venite a prendervele”.
Il 10 agosto del 480 a.C. il re spartano cade sotto i colpi dell’immensa armata persiana.
Per quattro volte il suo corpo è catturato dai persiani e per quattro volte gli spartani lo recuperano, fino a quando Serse se ne impadronisce e lo oltraggia, decapitandolo e facendolo crocifiggere.
Il mito di Leonida e dei suoi trecento, però, continua a vivere e arriva fino ai giorni nostri.