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RICORRENZA DEL GIORNO

05/07/2013

La Pecora Dolly

A pochi chilometri da Edimburgo, in Scozia, il 5 luglio 1996 nasce (è creata) la pecora Dolly.
La dinamica (il come) ci interessa fino a un certo punto. Ciò che conta, e ci colpisce, sono gli interrogativi che la sua nascita (creazione) comportano.
I sostenitori avanzano ragioni “compassionevoli”: grazie alla clonazione, dicono, si potrà perseguire una strategia riproduttiva alternativa a quella tradizionale, si potrà “rimpiazzare” un figlio morente, si potranno favorire interventi medici, e via dicendo.
Già, ma a che pro? Soprattutto, a costo di quali rischi?
Ragionando, siamo incorsi in dubbi e incertezze. Li condividiamo con voi.

Nel caso specifico:
-la clonazione applicata agli uomini non rischia di generare esseri “perfetti” o eterni o semplicemente (e tristemente) identici tra loro?
-che tipo di rapporto unisce il “clonato” (si dice così?) e il donatore? Il legame ha carattere ontologico o pure spirituale?
-non si rischia di ridurre la persona a semplice contenitore/donatore (di cui si apprezza unicamente la disponibilità biologica, a scapito della sua qualità spirituale)? E l'essere clonato, quello che nasce come “copia”? Come vive? Come afferma, se l’ha, la propria unicità?
-le relazioni fondamentali (che si esprimono nella famiglia) non corrono il pericolo di essere negate o addiriuttura capovolte?

Più in generale:
-la ricerca scientifica ha un limite? Quali sono le sue finalità? Che rapporti ha con l’etica?
-non c’è il pericolo che la tecnologia da strumento di libertà diventi strumento di schiavitù? E che, come dice Juan de Dios Vial Correa, la clonazione si riduca a “tragica parodia dell'onnipotenza di Dio”?
-non c’è il rischio che si apra a una sorta di “eugenetica”? E che gli uomini aspirino ad avere un dominio totale sull’esistente?
“Il progetto della clonazione umana”, dice Correa, ex presidente della Pontificia Accademia per la Vita, “rappresenta la terribile deriva a cui è spinta una scienza senza valori ed è segno del profondo disagio della nostra civiltà, che cerca nella scienza, nella tecnica e nella 'qualità della vita' i surrogati del senso della vita e della salvezza dell'esistenza”.
"E tuttavia", se ci volgiamo al filosofo tedesco Martin Heidegger, "proprio quando è sotto questa minaccia l'uomo si veste orgogliosamente della figura di signore della terra. Così si viene diffondendo l'apparenza che tutto ciò che si incontra sussista solo in quanto è un prodotto dell'uomo. Questa apparenza fa maturare un'ultima ingannevole illusione. E' l'illusione per la quale sembra che l'uomo, dovunque, non incontri più altri che sé stesso".