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RICORRENZA DEL GIORNO

28/11/2013

La Norvegia e l'Unione Europea

Alla domanda contenuta nel referendum del 28 novembre 1994, i norvegesi rispondono "no": il Paese scandinavo, ricco e poco popoloso, non aderisce all'Unione Europea. Al di là del fatto in sé, ripensare a quel rifiuto significa ripensare all'Europa, al suo significato e alle finalità che persegue. In questi ultimi mesi, con la crisi che morde le caviglie, molti politici, e non solo, hanno cominciato a parlare di Stati Uniti d’Europa. Il problema è che nessuno ha capito bene cosa intendessero né come volessero perseguire il proprio obiettivo. Basta un esercito in comune? E' sufficiente un "super-primo-ministro"? Si tratta di tornare all'esperanto e all'illusione che aveva rappresentato? 

Forse, prima di procedere, e di ricevere nuove delusioni come il no di Francia e Olanda alla Costituzione Europea (2005), vale la pena riflettere su cosa diciamo quando diciamo Europa.

È un’entità geografica? Se sì, dove arriva? Da cosa è delimitata? E la Turchia? Fino a qualche tempo fa non si parlava di altro: "La Turchia deve entrare nella UE", diceva qualcuno, "è la porta sul Medio-Oriente, è l'occasione per aprirsi e conoscere un mondo altrimenti troppo lontano". Altri, invece, dicevano: "Eh no, perché mai? Cosa ha a che fare con l'Europa? Cosa c'entra con noi? Abbiamo sempre battagliato!".

La questione, allora, è "semplice": che cos'è l’Europa? E' solo una realtà economica? O è la riproposizione fisica di un ideale? Insomma, in poche parole, prima di ogni discorso vale la pena concentrarsi sulle condizioni di possibilità del discorso stesso; prima di parlare di Europa, del suo allargamento o della sua crisi, bisogna capire cosa intendiamo con Europa.

Riproponiamo, allora, le parole del papa emeritoBenedetto XVI: E’ evidente che l’Europa ha anche oggi nel mondo un grande peso sia economico, sia culturale e intellettuale. E, in corrispondenza a questo peso, ha una grande responsabilità. Ma l’Europa deve trovare ancora la sua piena identità per poter parlare e agire secondo la sua responsabilità. Il problema oggi non sono più, secondo me, le differenze nazionali […] Il problema dell’Europa di trovare la sua identità mi sembra consistere nel fatto che in Europa oggi abbiamo due anime: un’anima è una ragione astratta, anti-storica, che intende dominare tutto perché si sente sopra tutte le culture. Una ragione finalmente arrivata a se stessa che intende emanciparsi da tutte le tradizioni e i valori culturali in favore di un’astratta razionalità […] L’altra anima è quella che possiamo chiamare cristiana, che si apre a tutto quello che è ragionevole, che ha essa stessa creato l’audacia della ragione e la libertà di una ragione critica, ma rimane ancorata alle radici che hanno dato origine a questa Europa, che l’hanno costruita nei grandi valori, nelle grandi intuizioni, nella visione della fede cristiana.