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RICORRENZA DEL GIORNO

24/01/2014

L'assassinio di Guido Rossa

Sono gli anni Settanta.
Anni di piombo, segnati dalle lotte studentesche e operaie, dagli opposti estremismi. Dalla paura. Dagli eccessi. Dall’iper-politicizzazione.
Guido Rossa è un operaio, lavora all’Italsider di Genova. È un sindacalista, iscritto al Partito Comunista Italiano. Come la maggioranza dei militanti, ha rotto con i terroristi (e chi li definisce “compagni che sbagliano”), al loro tentativo di impossessarsi dell’ideologica in cui crede. E di sporcarla con il sangue.
Quando lo scopre, denuncia e fa arrestare Francesco Berardi, fiancheggiatore delle Brigate Rosse, attivo all’interno della fabbrica. Non solo, testimonia al processo. Sa di rischiare, eppure va avanti. Ha fiducia, crede negli uomini e nelle istituzioni.
All'alba del 24 gennaio 1979, esce di casa per andare al lavoro. Sale in macchina. Non fa in tempo a partire. Lo stanno aspettando, gli sparano contro sei colpi. Lo uccidono.
È la prima volta che lo fanno, che i brigatisti colpiscono un “compagno”. E sarà, con l’omicidio Moro, l’ennesimo, e forse più grave (oltre che crudele), passo falso.
Lo Stato li combatte. I partiti fanno quadrato. La società civile non ne può più. Anche i radicali gli voltano le spalle. I terroristi sono andati oltre, sono entrati in un vicolo cieco di violenze e farneticazioni. Hanno perso l’umanità. L'hanno uccisa.