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RICORRENZA DEL GIORNO

18/05/2013

L'addio alle corse di Eddy Merckx

Il Cannibale, uno dei più grande interpreti del ciclismo contemporaneo, vince tanto, praticamente tutto: 5 Giri d’Italia, 5 Tour de France, 1 Vuelta, 7 Milano-San Remo, 2 Giri della Fiandre, 3 Parigi-Roubaix, 3 Freccia-Vallone, 5 Liegi-Bastonne-Liegi, 2 Giri di Lombardia, 3 Mondiali su strada (più 1 da dilettante). Non solo: dal 1972 al 1984 è primatista dell’ora (49,432 km) e vince 17 Sei Giorni, una delle competizioni su pista più importanti.  Per dire.
Quando sale sulla bici, quando si alza sui pedali, non ce n’è per nessuno. Dice Francesco Moser: “Eddy Merckx era talmente forte che quando tirava, per stargli a ruota dovevamo darci i cambi…”.
In salita, in discesa, sul piano, il Cannibale non ha punti deboli. La sua progressione è straordinaria, il senso tattico si completa con un istinto e una determinazione fuori dal comune. Stando ai numeri, alle statistiche che, in casi come questo, dicono più di tante parole: in diciassette anni di carriera, alza le mani al cielo 525 volte su 1800 (pari, circa, al trenta per cento); nessuno professionista vince tante gare (54) quante lui in un solo anni (1971). Gli avversarsi (Gimondi, Fuente, Ocana, per fare qualche nome) stanno a guardare. I tifosi lo amano, lo rispettano, lo pregano: "Eddy, pitié aux eux" (Eddy, pietà per gli altri), dice un cartello esposto a bordo strada.
Ma il Cannibale non guarda in faccia a niente e nessuno. Quando dice addio al ciclismo, il 18 maggio 1979, lascia da campione: unico, probabilmente ineguagliabile.