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RICORRENZA DEL GIORNO

13/06/2013

John Nash

John (13 giugno 1928) è un bambino particolare: solitario, chiuso, introverso. Tende a essere emarginato, o a emarginarsi dai suoi coetanei. Agli amici preferisce i libri, in particolare quelli di matematica, materia nella quale eccelle al punto che Harvard e Princeton, due delle università più prestigiose d’America, gli offrono un dottorato; Nash sceglie la prima. E si dimostra per quello che è, un talento del tutto fuori dal comune. Così come fuori dal comune, e originale, è il modo in cui si rapporta alla disciplina: non segue percorsi lineari o già battuti, cerca un approccio nuovo, autonomo; una sua teoria.
Il resto non conta. Melvin Hausner ricorda: “Era sempre immerso nei propri pensieri. Se ne stava seduto da solo nella sala comune. Capitava facilmente che ti passasse accanto senza vederti. Borbottava sempre fra sé e sé. Sempre fischiettando. Nash pensava sempre. Se era sdraiato su un tavolo, era perché stava pensando. Solo pensando. Potevi vedere che stava pensando”.
Tra il 1949 e il 1950 elabora, in una tesi di sole ventisette pagine, la sua teoria più importante, quella dei giochi, che nel 1994 gli vale il Nobel per l’economia.
Non si ferma, continua a studiare, a esplorare la matematica pura, a sviluppare un suo approccio.
Nell’estate del 1950 collabora con la RAND Corporation, dove, con logici, matematici, fisici e ingegneri esperti nella teoria dei giochi, lavora per il governo alle strategie politiche e militari della guerra fredda. Insegna al M.I.T., una delle più importanti università di ricerca del mondo.
Il resto? Viene dopo. Eppure viene: frequenta una ragazza, hanno un figlio, però non funziona; probabilmente ha una relazione omosessuale con uno studente. Conosce un’altra donna, Alicia Lerde, e la sposa. I disturbi mentali si fanno più gravi, più frequenti. Ci sono ricoveri, momenti di crisi ai quali alterna sprazzi di lucidità: “Iniziavo a vedere messaggi criptati ovunque… Iniziavo a pensare di essere un uomo di grande importanza religiosa, e a sentire continuamente delle voci… Il delirio era come un sogno dal quale sembravo non svegliarmi mai”.
È ossessionato dalla numerologia, dalla politica mondiale, dagli extraterrestri; entra nei ristoranti a piedi nudi, ha i capelli e la barba sfatti, è pieno di graffi; ha un taccuino chiamato “Zero assoluto”,  sul quale segna e appiccica ogni genere di cosa.
Alicia è sempre al suo fianco, lo sostiene come può; si sacrifica per lui. E, finalmente, all’inizio degli anni novanta, Nash ritrova un po' di equilibro, di "normalità", e soprattutto il posto che gli spetta nel mondo della scienza.