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RICORRENZA DEL GIORNO

09/12/2013

Johann Winckelmann

Johan Winckelmann non solo esprime lo spirito del tempo, ma lo forgia e lo condiziona a partire dal suo particolare punto di vista. Nato il 9 dicembre 1717 a Stendal, in Germania, in seguito alla conversione al cattolicesimo si trasferisce in Italia, a Roma, e nel 1762 visita per la prima volta Ercolano, Pompei e Paestum: è uno sconvolgimento totalizzante, che ne condizina per sempre l’esistenza.  

Fondatore dell’archeologia moderna e storico dell’arte (che, per primo, divide e struttura per generi e stili), incide in modo profondo sulla cultura settecentesca. Le sue Considerazioni sull'imitazione delle opere greche in pittura e scultura (1754) e Storia dell'arte nell'antichità (1764) sono alla base del gusto ma ancora di più dell’ideale neoclassico: l’antichità e in particolare le sculture, che conosce per lo più tramite copie romane, sono espressione di una “nobile semplicità e serena grandezza”. Ai suoi occhi, e a quelli dei contemporanei, l’arte greca manifesta il dominio della ragione sulla tempesta delle passioni, e una bellezza non solo estetica ma anche e forse soprattutto etica

A questa idealizzazione, tuttavia, Winckelmann accompagna un sottofondo sentimentale: i diari dei suoi viaggi in Grecia  coinvolgono il lettore nella meraviglia e nella passione profonda che lo anima e nell’ammirazione che prova quando si imbatte in qualche rovina e immagina la grandezza di cui è testimonianza. Una grandezza piena e universale, che porta l’uomo verso l’alto, al di là delle bassezze del quotidiano.