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RICORRENZA DEL GIORNO

10/05/2013

Il rogo del sapere

C’è una scena nel bel film tratto da il romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco che dice tutto: la meravigliosa e labirintica biblioteca del monastero benedettino che fa da sfondo alle vicende sta bruciando. Il fuoco divora ogni cosa: scale, sedie, leggii… Guglielmo da Baskerville, il dotto frate protagonista, si getta tra le fiamme nel tentativo di salvare qualche libro. È la prima volta che lo vediamo perdere la calma.
È una scena suggestiva, che mi colpì già la prima volta che la vidi, poco più che bambino. E la tristezza del francescano, tra i resti e le macerie fumanti, fu la mia. Anche se ero piccolo e non ne avevo ben chiara la ragione.
Poi, con il tempo, i libri sono diventati una parte importante della mia e della nostra vita. Ne abbiamo compreso il senso e, ancora più, la portata: i libri sono le storie che raccontano, i personaggi che rappresentano, le emozioni che comunicano, i pensieri che condividono…  in una parola, sono vita, pura e semplice vita. E, in quanto manufatto culturale, ci permettono di staccarci dalla quotidianità e dal nostro ego, e di volare alto. Con i libri non si mangia, forse. Ma, al di là dell’indotto che la cultura produce (in questo senso, per capire quanto siamo malmessi, basti pensare che tutti i musei italiani incassano meno del Louvre), si fanno tante altre cose: si piange, si ride, si pensa, si cresce e, in alcuni casi, si torna bambini.  E si conoscono tradizioni che altrimenti sarebbero sconosciute. E modi di pensare il mondo diversi da quelli con cui siamo conosciuti. Si rafforza il Credo, si esercita il dubbio. Si approfondisce il senso del nostro "essere nel mondo". Non c’è niente di più triste, vigliacco e stupido che disprezzare la cultura. Non c’è nulla di più dis-umano che infangarla. O, addirittura, bruciarla. Come fecero il 10 maggio 1933 i nazisti riuniti nell’Opernplatz, la piazza del Teatro dell’Opera di Berlino, quando diedero fuoco a una moltitudine di libri contrari allo "spirito tedesco", colpevoli di averlo corrotto o “giudaizzato”. Nelle fiamme bruciarono Thomas Mann, Heinric Heine, Bertolt Brecht e altri ancora. E parte della loro e nostra umanità.