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RICORRENZA DEL GIORNO

01/05/2013

Il lavoro

È il 1 maggio: di cosa avremmo potuto parlare? Di cosa avremmo dovuto occuparci?
Di lavoro, ovvio.
Di quello che c’è e di quello che non c’è. Di chi ce l’ha e di chi non ce l’ha. Di chi si alza ogni giorno all’alba, quando fuori è freddo e buio, e sale in macchina, preoccupandosi per i soldi della benzina, o in treno, stretto come una sardina, e attraversa la periferia e la città per passare otto ore chiuso in fabbrica o in ufficio. Di chi passa la giornata al telefono, per rispondere a clienti lamentosi o inferociti o a proporre offerte che neppure conosce, e chi se ne importa del titolo di studio e di tutta la fatica fatta per ottenerlo. Di chi passa le giornate davanti allo schermo di un computer, mentre fuori c’è il sole, il cielo azzurro, il mare, la montagna o la città che vive. Di chi lavora da solo, di chi lavora in gruppo o, come si dice, in team. Di chi ha un contratto di una settimana, di un mese, di un anno, e allora chi se lo immagina il futuro? Di chi è in cassaintegrazione e chi la cassaintegrazione se la sogna. Di chi si sporca le mani, di chi usa la testa, di chi fa entrambe le cose. Di chi è felice, e tra un sacrificio e l’altro, o anche solo un colpo di fortuna, fa quello che gli piace, rendendo più vicino il sogno di una vita. Ma anche di un lavoro non ce l’ha. E si dispera. E reagisce con rabbia o con rassegnazione. Di chi passa il tempo a inviare curriculum e chiedere in giro. Di chi passa il tempo ad aspettare una risposta. Di chi ci ha rinunciato. Di chi è costretto a tornare a casa, a chiedere un “prestito” ai genitori. Di chi non ha il coraggio di guardare negli occhi i propri figli, o di chiedere aiuto. Di chi un lavoro ce lo aveva e adesso si trova in fila davanti alla mensa della Cartias. Di chi ha lasciato la sua famiglia, i suoi amici e il suo Paese nella speranza che parole come merito e opportunità potessero rappresentare qualcosa di vero, di concreto. Di chi spera. Di chi ha smesso.  
Parliamo di lavoro. Di futuro. Di dignità. Dell’essere “umano” dell’uomo.