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RICORRENZA DEL GIORNO

28/10/2013

Giovanni XXIII diventa papa (1958)

La sera del 3 giugno 1963, lunedì di Pentecoste, al termine della messa celebrata sul sagrato di San Pietro, mentre la folla rispondeva con Deo gratias all’Ite missa est del diacono, Giovanni XXIII conchiuse la sua giornata terrena al cospetto delle genti, in atto di oblazione, così da far ricordare le parole dell’evangelista Giovanni: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Quartogenito di tredici figli, Angelo Giuseppe Roncalli nacque il 25 novembre 1881 a Sotto il Monte (Bergamo), villaggio adagiato ai piedi delle Prealpi Orobiche. A proposito delle sue radici e della formazione, dirà egli stesso l’elogio del suo prozio Zaverio, padrino di battesimo: “Coi miei genitori educò per dieci anni la mia umile vita e mi avviò al sacerdozio in gratia et fide”. Priva di sicurezza economica, la famiglia di contadini mezzadri viveva la povertà benedetta e contenta, radicata nel timor Domini che garantisce le virtù domestiche e genera operosa concordia. Angelo Giuseppe entrò in seminario a undici anni. A quattordici ricevette la sacra tonsura e venne accolto tra i terziari francescani. A venti proseguì gli studi teologici al Seminario romano, con l’interruzione di dodici mesi per il servizio militare di leva. Laureatosi in sacra teologia, venne ordinato prete a Roma il 10 agosto 1904 e l’anno dopo nominato segretario del vescovo di Bergamo Giacomo Maria Radini Tedeschi (1857-1914), al cui fianco rimase per un decennio, espletando nel contempo altri compiti: docente in seminario, promotore di Azione Cattolica, pubblicista, segretario della Visita pastorale e del sinodo diocesano. Negli anni 1915-1918 venne arruolato nell’esercito, dapprima sergente di sanità, poi tenente cappellano. Alla fine del conflitto fondò la Casa dello studente ed esercitò il compito di direttore spirituale del seminario. Nel dicembre 1920 Benedetto XV lo chiamò a Roma al servizio della Congregazione di Propaganda Fide per animare in Italia il movimento di cooperazione missionaria. Con cuore di apostolo, visitò personalmente oltre metà delle diocesi d’Italia e si incontrò con le istituzioni missionarie europee. Nel 1925, Pio XI lo promosse all’episcopato col titolo di Areopoli e lo inviò suo visitatore; infine, lo nominò primo delegato apostolico in Bulgaria. Il 27 novembre 1934 venne trasferito alla delegazione di Istanbul, col titolo arcivescovile di Mesembria e di amministratore apostolico dei latini di Costantinopoli; fu inoltre delegato per la Grecia. Vent’anni di presenza nel Medio Oriente gli consentirono di conoscere la varietà di riti e di tradizioni della Chiesa cattolica e delle Chiese ortodosse; e di intrecciare rapporti cordiali col governo e con la casa reale di Bulgaria, e di avviare qualche contatto con le autorità religiose del Fanar (Istanbul) e con l’arcivescovo ortodosso di Atene, prime aperture ecumeniche incoraggiate da Pio XI e da Pio XII. A Istanbul, divenuta durante la seconda guerra mondiale carrefour di genti e di interessi contrastanti, svolse azione umanitaria con speciale riferimento alla drammatica situazione del popolo ebraico e alle tribolate condizioni della Grecia occupata dai paesi dell’Asse.

Alla fine del 1944 Pio XII lo promosse nunzio apostolico a Parigi; successivamente gli aggiunse l’incombenza di osservatore della Santa Sede presso l’Unesco. Il 12 gennaio 1953 lo creò cardinale. Tre giorni dopo lo promosse patriarca di Venezia. Fece ingresso nella città dei dogi il 15 marzo 1953 e vi rimase sino all’elezione a pontefice, il 28 ottobre 1958, quando assunse il nome di Giovanni XXIII. Del periodo veneziano rimangono memorabili le celebrazioni in onore di Pio X e di Lorenzo Giustiniani, l’Anno Mariale (1954), il sinodo diocesano (1957), la peregrinazione in Libano per il primo congresso nazionale mariano e l’altra, a Lourdes, per la consacrazione del tempio dedicato a Pio X, nel centenario delle apparizioni (1958). Il quinquennio di episcopato romano si svolse all’insegna del binomio che gli era congeniale: fedeltà e rinnovamento. Prete romano sin nel midollo, radicato nella più pura e dinamica tradizione cattolica, percorse la sua strada nel segno delle opere della misericordia, nell’impegno più assiduo per la santificazione del clero e del laicato, per la pace sociale e tra le nazioni, per la libertà dei popoli impediti di professare la propria fede. Con Giovanni XXIII cominciarono a sbriciolarsi lentamente le barriere artificiosamente e maldestramente erette dai regimi totalitari. Con pazienza e prudenza iniziò l’epoca del disgelo e del dialogo. Promulgò le encicliche Mater et magistra (1961) e Pacem in terris (1963). Studioso di storia, di concili e sinodi universali e locali, tre mesi dopo l’elezione alla sede di Pietro “sentì destarsi la risoluzione decisa per il richiamo di alcune forme antiche di affermazione dottrinale e di saggi ordinamenti di ecclesiastica disciplina, che nella storia della Chiesa, in epoca di rinnovamento, diedero frutti di straordinaria efficacia, per la chiarezza del pensiero, la compattezza dell’unità religiosa, la fiamma più viva del fervore cristiano”. Con questa visione negli occhi, il 25 gennaio 1959 annunciò il concilio Ecumenico Vaticano II, il sinodo per la diocesi di Roma, l’aggiornamento del codice di diritto canonico. Pur tra difficoltà e incomprensioni, la navigazione del concilio si avviò lenta e solenne l’11 ottobre 1962. Approderà a felice conclusione l’8 dicembre 1965 con Paolo VI. Giovanni XXIII richiamò in onore antiche forme di devozione popolare, allargò ulteriormente la tenda della Chiesa, previde l’aurora della “novella primavera” di cui aveva parlato Pio XII (19 marzo 1958). A Roma e oltre le sue mura, diede inizio alle peregrinazioni papali che i successori dilatarono sino ai confini della Terra. Morì all’indomani della Pentecoste 1963, suscitando un’ondata di rimpianto e di simpatia inimmaginabili. Nel rievocarne la figura e rilevarne l’emblematica sopravvivenza, Giovanni Paolo II asserì: “Noi guardiamo a papa Giovanni, il papa della bontà, del concilio, dell’ecumenismo, delle missioni, della Chiesa che vuole abbracciare il mondo, per chiedergli che dal cielo ancora ci benedica, e tutti ci incoraggi a seguire le sue orme”. “Il papa della bontà”! Questo appellativo, coniato dall’intuito del popolo romano (7 marzo 1963) contiene l’elogio della famiglia contadina depositaria di immensi valori, riconosce la sapienza della disciplina sacerdotale, loda Dio datore di “ogni dono perfetto”.

La causa di beatificazione venne annunciata da Paolo VI nell’aula conciliare di San Pietro il 18 novembre 1965. Il lungo e diligente iter approdò alle sue attese conclusioni il 20 dicembre 1999 con la promulgazione del decreto sulla eroicità delle virtù; il 27 gennaio 2000 con il decreto che riconobbe il miracolo attribuito all’intercessione di lui; il 3 settembre 2000 con l’iscrizione, insieme a altri quattro servi di Dio, nell’albo dei beati. Nell’occasione Giovanni Paolo II ne riassunse la vocazione e il servizio con alato elogio: “Di papa Giovanni rimane nel ricordo di tutti l’immagine di un volto sorridente e di due braccia aperte in un abbraccio al mondo intero”. Quante  persone sono rimaste conquistate dalla semplicità del suo animo, congiunta ad un’ampia esperienza di uomini e di cose! La ventata di novità da lui portata non riguardava certamente la dottrina, ma piuttosto il modo di esporla; nuovo era lo stile nel parlare e nell’agire, nuova la carica di simpatia con cui egli avvicinava le persone comuni e i potenti della Terra. Fu con questo spirito che egli indisse il concilio Ecumenico Vaticano II, col quale aprì una nuova pagina nella storia della Chiesa: i cristiani si sentirono chiamati ad annunciare il Vangelo con rinnovato coraggio e con più vigile attenzione ai segni dei tempi. Il concilio fu davvero un’intuizione profetica di questo anziano pontefice che inaugurò, pur tra non poche difficoltà, una stagione di speranza per i cristiani e per l’umanità. Alla fine della sua esistenza terrena, egli affidò alla Chiesa il suo testamento: ‘Ciò che più vale nella vita è Gesù Cristo benedetto, la sua santa Chiesa, la verità e la bontà. Questo testamento vogliamo raccogliere oggi anche noi, mentre rendiamo gloria a Dio per avercelo donato come Pastore’.

(di Loris Capovilla)

Papa Francesco, che lo definisce “un prete buono”, “un pastore e un padre” capace di arrivare al cuore “di persone così diverse, persino di molti non cristiani”, lo proclamerà santo il 27 aprile 2014, lo stesso giorno di Giovanni Paolo II.