San Paolo Store

RICORRENZA DEL GIORNO

19/12/2013

gianni brera

C’è modo e modo di parlare di sport, e in particolare di calcio. 

Se ne può fare una trattazione scientifica o una ricerca sociologica, se ne possono cogliere le dinamiche psicologiche o  quelle emotive. Oppure se ne può discutere al bar, tra uno sfottò e l’altro. O, come spesso purtroppo capita negli stadi italiani, si può urlare o insultare. Oppure, infine, si può cogliere per quello che è, un gioco, e tesserci attorno un racconto, una narrazione. Ritrovarci l’essere umano. Gianni Brera aveva un modo tutto suo di farlo, che trascendeva il solo e semplice fatto sportivo. Nelle sue cronache, peraltro precise e puntuali, il pallone era un pretesto. Dietro a ogni calciatore, come dietro a ogni ciclista o a chiunque e in qualunque modo prendesse parte a un evento sportivo, c’era una storia. Il modo in cui lo praticava era sempre espressione di qualcosa (di un’area geografica, di una tradizione, persino di un sapore). Un fenomeno banale, quasi infantile, diventava un mondo complesso, e al suo interno la cultura si mescolava con il fango del campo e l'odore di sudore, e si poteva giocare addirittura con le parole. Gianni Brera, in questo, era un campione. Dobbiamo a lui termini come "centrocampista", "goleador", "libero",  "rifinitore". È grazie a lui se Gigi Riva non era solo una punta di peso ma un “Rombo di tuono”, se Gianni Rivera, con quel suo naso e le gambe sottili, non era solo il “rifinitore” del Milan ma l’”Abatino”, se Causio era il “Barone” e Boninsegna “Bonimba”. 

Gianni Brera (8 settembre 1919 – 19 dicembre 1992) ha scritto pagine indimenticabili, e ha dato allo sport una profondità tutta nuova. Continuando a considerarlo come un gioco.