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RICORRENZA DEL GIORNO

16/03/2014

aldo moro

È il 16 marzo 1978. 
Dopo gli anni del boom, dopo le grandi manifestazioni studentesche, l’Italia è scossa da una profonda crisi politica e sociale; gli estremisti di ambo le parti, pur essendo minoranza, insanguinano il Paese. Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, è fautore di una politica di apertura nei confronti della sinistra parlamentare; assieme a Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista, è il regista del cosiddetto “compromesso storico”: “Lasciamo da parte le diversità, accantoniamo le ideologie”, è il senso, “pensiamo al Paese, andiamo avanti. Assieme”.
Quel giovedì mattina, Aldo Moro esce dalla sua abitazione per recarsi in Parlamento, a votare la fiducia al governo Andreotti, un monocolore democristiano appoggiato dalla quasi totalità del Parlamento, comunisti compresi. Con lui, ci sono i cinque uomini che compongo la scorta: Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Le due macchine raggiungono via Fani. Improvvisamente, vengono raggiunte, affiancate e bloccate da un commando di brigatisti. È un bagno di sangue, la vita degli agenti viene spezzata da raffiche di armi automatiche. Moro viene rapito
È il 9 maggio 1979.
Il suo corpo senza vita viene ritrovato nel baule di una Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani, a pochi metri dalla sede della DC e da via delle Botteghe Oscure, sede del PCI. L'Italia perde l'innocenza. E una grande persona, oltre che un politico illuminato.