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RICORRENZA DEL GIORNO

12/10/2013

A volte ritornano

Il 12 ottobre 2003 Michael Schumacher vince il suo sesto titolo mondiale. Ne vincerà un altro, l’anno dopo. Nessun pilota c’era mai riuscito.
Quando nel 2006 lascia la Ferrari e la Formula1, si dice: “Se ne va il più grande, se ne va un campione”.  
Quando nel 2010 annuncia il ritorno, molti storcono il naso: “Rischia di fare brutta figura, di infangare il mito”.
Così, in effetti, succede.
Schumacher corre per la Mercedes, la scuderia del suo paese, l’auto tedesca per eccellenza. Sembrano fatti l’uno per l’altro. Sembrano imbattibili.
Non è così.
È un po’ come lo Ying con lo Yang, un tedesco puro non va lontano. Per eccellere, ha bisogno di un po’ di brio, genio e competenza italiana (e lo stesso, ovviamente, vale a parti invertite).  E, poi, soprattutto, un campione è tale se capisce che una volta spenta, la fiamma difficilmente riprende a brillare.
La storia dello sport è piena di esempi:
Michael “Air” Jordan si ritira nel 1998. Per la National Basketball Association (NBA), la lega professionistica degli Stati Uniti, è “il più grande giocatore di basket di tutti i tempi”.  Passano tre anni. Dopo un’infelice esperienza nel baseball, Jordan, a 38 anni, si compra una squadra , i Washington Wizards, e riprende a giocare. Ora, non è che fallisce, anzi: batte diversi record individuali, alcuni davvero sorprendenti. Ma il ricordo di ciò che era stato incomberà sempre su di lui, e appesantirà i suoi incredibili salti.
Lo stesso capita a Lance Armstrong che, dopo tre anni di inattività e sette Tour de France vinti, nel 2009 si ripresenta sulla linea di partenza e chiude al quarto posto, ai piedi del podio, e nel 2010 arriva soltanto ventitreesimo. Al di là deloo scandalo doping, che porta alla revoca di tutti i ititoli.
L’elenco è lungo, ci sono Ian Thorpe, il nuotatore australiano che dopo avere vinto Olimpiadi e mondiali ed essersi ritirato, stufo e nauseato, a soli ventiquattro anni, fallisce la qualificazioni a Londra 2012, e Bjorn Borg, mito del tennis anni Settanta e gli Ottanta, che nell’ultimo decennio del secolo scorso riprende in mano le sue vecchie racchette in legno e subisce una sconfitta dopo l’altra.
Dopo tre stagioni così così, con zero vittorie, quattordici ritiri e un solo podio, Schumacher dà l’addio. È un’immagine malinconica. Ci teniamo stretta quella che con cui ci aveva lasciato, dieci anni fa. Quella del mito.