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Chi si accosti a "Il raccoglitore di sogni" di Floriano Rubiano Fila potrebbe facilmente sentirsi travolto da una fiumana inarrestabile di parole, visioni, sensazioni, ricordi, rimandi a personaggi della storia e della letteratura. È come la rottura di un argine, il troppo pieno di una diga. È un fluire tumultuoso di qualcosa che trabocca dentro l'anima "tra ragnatele di silenzi appese ai pensieri" e ha la sua origine all'inizio della vita, di una vita, per dipanarsi poi in un tempo molto lungo. E in uno spazio molto vasto, in una geografia cosmica che attraversa i continenti, dalle città vicine (la Milano dei Navigli) a paesaggi lontani (i Monti Kandil, Bagdad, l'Amazzonia, l'Australia e così via), così vasto da contenere "canti di sirene", note di "marimba" e passi di "cumbia".
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