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"Il personaggio di Qohelet prende voce in un contesto tutto contemporaneo: quello dell'universo asfittico della stanza in cui un adolescente si è rinchiuso per comunicare solo via web con i complici - suoi unici interlocutori - un efferato crimine, mai nominato e sempre incombente. Così si intuisce dalla lettera alla madre all'inizio del libro, scritta da un linguista innominato da Milano, nel 2042. Questo passaggio nel futuro dà un giro di volta alla storia e forse ne custodisce il segreto, quel senso di inafferrabilità, mutuato dal testo madre, che il lavoro di Gaggianesi trasmette in maniera impressionante a chi legge e ascolta. Mi piace pensare a Qohèlet rejected come a una sorta di dittico, in italiano e in dialetto, e avvicinare questo lavoro alla esperienza dei grandi scrittori dialettali in Italia, che per far cantare alto il dialetto, sperimentarne le possibilità espressive, per trovarne tutta la maestà di suono e di ragioni, si facevano le ossa traducendo in lingua dialettale quanto di più alto trovavano in letteratura: alcuni canti della Divina Commedia o della Gerusalemme liberata: Porta, Balestrieri, De Lemene per restare in area lombarda." (Franca Nuti)
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