San Paolo Store

Intervista esclusiva a Laura Pariani



 
Laura Pariani è nata a Busto Arsizio nel 1951. Ha esordito nel 1993 con la raccolta di racconti Di corno o d'oro (Sellerio, Premio Grinzane Cavour). Ha poi pubblicato, per Sellerio, Il pettine (1995) e La spada e la luna (1996). Presso Rizzoli sono usciti La perfezione degli elastici (e del cinema) (1997, Premio Selezione Campiello), La signora dei porci (1999, Premio Grinzane Cavour), La foto di Orta (2001, Premio Vittorini), Quando Dio ballava il tango (2002), L'uovo di Gertrudina (2003, Premio Selezione Campiello), La straduzione (2004). Ha inoltre pubblicato per Effigie Il paese dei sogni perduti. Anni e storie argentine (2004) e Patagonia blues (2006), per Casagrande Il paese delle vocali (2000) e Tango per una rosa (2005), per Alet I pesci nel letto (2006).
Per Einaudi ha pubblicato Dio non ama i bambini (2007), Milano è una selva oscura (2010) e La valle delle donne lupo (2011).
Nel 2012 ha pubblicato Le montagne di don Patagonia (Interlinea) e, recentemente, per Giunti il libro Il piatto dell'angelo (2013).

Leggi l'intervista

 

1. L’America latina è ricca di scrittori importanti, siamo così dominati dai temi finanziari che abbiamo dimenticato il peso della cultura e di altre attività umane. Quanto è importante la cultura per il sud America?
Ho vissuto in diretta la crisi argentina del 2001-2002 e ho visto artisti e scrittori in prima linea per mantenere in vita (tramite volontariato e autogestioni) progetti culturali e istituzioni che rischiavano di naufragare nella catastrofe economica. Ricordo le sale da concerto e i teatri (dai più piccoli ai grandi teatri d’opera) che continuavano gratuitamente la programmazione e erano gremiti di spettatori. Era evidente il messaggio che arrivava alla gente: lo stato è stato depredato economicamente, ma nessuno ci potrà privare della nostra cultura.

2. Quanto è importante la spiritualità per il sud America?
Nelle culture andine, che conosco da vicino, l’idea forte è sempre stata che siamo tutti figli della Pacha Mama (Grande Madre Terra) e che i nostri destini individuali, lontani nel tempo e nel luogo, sono fittamente intrecciati. Diffusi tra la popolazione indigena sono i miti per cui occorre morire a se stessi per ritrovarsi, spogliarsi per essere ricchi, tacere per comprendere.

3. Come è vissuto il cristianesimo in America latina?
Quello che mi sembra notevole è che, soprattutto nelle zone andine, il cristianesimo abbia saputo inglobare gli antichi rituali (digiuni rigorosi per entrare in contatto con gli “spiriti custodi”, bagni, offerte di alcol e tabacco...) che facevano parte del tradizionale culto alla Pacha Mama: l’ho potuto osservare, per esempio, nel Calvario del Puente Negro a La Paz oppure nella benedizione domenicale al santuario della Candelaria di Copacabana, al confine tra Bolivia e Perù. Credo che, riguardo alla diffusione del cattolicesimo tra le popolazioni indigene dell’America Latina, molto abbia contato l’atteggiamento di intelligente disponibilità dei missionari Gesuiti nel secolo XVII.

4. Gli immigrati europei hanno influenzato questa situazione?
Ogni emigrato che arrivava dall’Europa, portava con sé non solo le proprie abitudini di vita, ma anche la devozione al patrono della propria comunità d’origine: quelli provenienti da Vazzano festeggiano a Buenos Aires San Francesco di Paola, quelli di Sant’Arcangelo san Michele, quelli di Ripacandida san Donato, i genovesi la Madonna della Guardia, i siracusani santa Lucia... Senza contare la festa della Madonna de los Buenos Aires, nel quartiere Caballito, in cui sta una preziosa immagine che è l’esatta copia della Vergine che si venera a Cagliari nel Santuario di Bonaria: perché ci fu un sardo tra i fondatori della capitale argentina nel XVI° secolo e proprio da Bonaria deriva il nome di Buenos Aires.

5. Cosa significa per Roma e l’Europa un Papa, anzi, un Vescovo di Roma che arriva quasi dalla fine del mondo?
Credo che possa aiutare a portare alla luce i problemi del sud del mondo, che l’Europa, tutta concentrata su se stessa, pare ignorare. In un mondo come il nostro, dove quello che non cade sotto i nostri occhi, è come se non esistesse - o meglio, inizia a esistere soltanto se qualcuno ce lo mostra o perlomeno ce lo racconta – penso sia importante che alla guida della Chiesa ci sia qualcuno che conosca da vicino le realtà dei paesi più poveri.

6. Anche il tuo ultimo libro, Il piatto dell’Angelo, parla di sud America e Italia da una prospettiva meno spirituale e più cruda. Cosa ci può fare capire questo dei rapporti fra sud America ed Europa?
Oggi le vicende dell’emigrazione italiana in America Latina sembrano lontanissime, preistoriche. Ne Il piatto dell’angelo ho cercato di intrecciare e apparentare quelle vecchie storie a quel che capita a chi ai tempi nostri traversa l’oceano per venire da noi a cercare una vita più degna: sono percorsi individuali e collettivi sorprendentemente simili.

I libri consigliati