San Paolo Store

Intervista esclusiva a Francesco Lorenzi

 

 
Francesco Lorenzi (Thiene VI, 1982) ha esordito a quindici anni come cantante dei Sun Eats Hours (dal proverbio veneto, "Il sole mangia le ore"), band formata dai suoi amici d'infanzia. I ragazzi hanno talento. Il loro punk-rock conquista i palchi di mezzo mondo e li porta a esibirsi con gruppi del calibro di NOFX, Muse, The Offspring ecc. Nel 2004 vengono dichiarati la migliore punk rock band italiana del mondo. Ma non tutto oro quel che luccica: Francesco incomincia a chiedersi se non stiano perdendo di vista l'obiettivo che li univa, la loro amicizia, l'amore per la musica. Quella vita da star li ha portati infatti a vivere di eccessi, eccessi che per alcuni si sono trasformati in vizi anche pericolosi... E lui a dire: "Basta, così non va". Gli sembra di brancolare nel buio. Allora "mette in pausa" e inizia un nuovo percorso di ricerca interiore, prima da solo, poi pian piano coinvolgendo il resto della band. La strada del sole, di cui ha raccontato nel libro, è una strada in salita. Ma è una strada che porta a riscoprire la fede, e a metterla al centro. Anche nella musica: Francesco, Riccardo, Matteo e Gianluca diventano i THE SUN. E il resto della storia probabilmente la conoscete... La Terra Santa, Rio durante la Giornata mondiale della Gioventù, Assisi con papa Francesco sono solo alcune delle tappe che li hanno visti coinvolti in questi anni.
San Paolo Store ha incontrato Francesco Lorenzi per intervistarlo dopo l'uscita di "La strada del sole" (Rizzoli), una sorta di autobiografia, sua e del gruppo, scritta in cento giorni di "vita quasi monacale". E lui ci ha risposto in modo aperto e gioioso.

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1. "Disponi il principio, sostieni il seguito, corona la fine.” Perché proprio questa citazione di san Tommaso come epigrafe? Che significato ha per te?
La scelta delle citazioni nel libro è stato un lavoro molto accurato perché desideravo omaggiare autori che per me avevano significato molto sia dal punto di vista letterario che musicale ma allo stesso tempo queste massime dovevano arricchire di significato il contenuto dei capitoli, cui fanno da apertura. E questa citazione la devo a un amico, Paolo Cevoli, autore di una spiritualità meravigliosa, che mi ha regalato la preghiera di san Tommaso proprio nel periodo in cui mi sono messo a scrivere. La pregavo ogni giorno prima di iniziare, così quando si è avvicinata la consegna ho pensato “Sì, è questa che deve stare in apertura!”. E poi, ad essere precisi, è riportata in una traduzione non proprio corretta: san Tommaso dice “Corona il fine”, non possiamo che chiedere al Signore di coronare il fine per il quale è stata fatta una cosa


2. Affermi tra le righe di essere un gran lettore. Oltre alle "Lettere a Lucilio", titolo anche di una vostra canzone, quali sono i libri che continuano a ispirarti a distanza di tempo?
Domandona! Non dico di essere un gran divoratore di libri, dal punto di vista numerico, però mi piace meditare a lungo su quello che leggo, farlo mio (e questo capita quando non c’è l’ansia dello studio!), quindi difficilmente leggo romanzi contemporanei, ma soprattutto testi “utili per la vita”, siano autobiografie o saggi, o anche romanzi, certo, ma legati alla vita reale.  Pensa, mi succede di riuscire a trovare più ispirazione in un testo di Seneca che in una canzone, seppur di un grande artista. Si può dire che le mie influenze musicali attualmente non siano musicali ma letterarie? Beh, sì. E questo perché la pienezza che ti può dare la lettura è straordinaria e ognuno può poi trasferirla nella propria vita: quel che io faccio con la musica. I libri che citerei, oltre a quelli ovviamente già nominati nel libro… "Le lettere di Berlicche" di C. S. Lewis: ci ho trovato una tale grandezza di spirito da commuovermi, quasi come in un dialogo con il proprio padre spirituale. E poi, i libri di Marko Rupnik, padre gesuita che è anche uno dei più grandi mosaicisti viventi.

3. Le scelte, il destino, i momenti di svolta sono temi a te cari… e le “Dioincidenze”, ce le spieghi?
Quello delle “Dioincidenze” è forse il capitolo che può essere più utile a chi legge il mio libro. E prende avvio da questa riflessione: se noi viviamo “passando accanto” ai nostri giorni senza accorgerci che gli avvenimenti ci comunicano qualcosa, viviamo un centesimo di quello che vivremmo leggendo attraverso le “coincidenze significative”, così le chiamava Jung ma anche altri autori ne hanno parlato. Quanto più la programmabilità di questi eventi è difficile, e anche la loro probabilità statistica bassa, tanto più metterli in correlazione è importante. Ci si deve chiedere “Cosa mi stanno dicendo tutte queste cose?”, mettendosi di fronte ad esse per indagarle con semplicità di cuore, senza ansia, perché tante volte le Dioincidenze sono talmente evidenti che non si può non vederle. Eppure, ci si riesce solo se si è predisposti all’osservazione della propria vita. La concatenazione tra destino e libertà è una cose più affascinanti che l’uomo possa scorgere nella sua esistenza, e ovviamente ne parla anche la Bibbia. Come per ogni cosa, c’è chi si fa delle domande, chi non se le fa, chi si dà per assunto quello di non poter comprendere nulla e chi invece cerca di capire e si guarda dentro. Solo quelli che lo fanno riescono a percepire la trama straordinaria di cui è fatta la vita.

4. Nel libro scrivi: “Sono d’accordo quando qualcuno sentenzia che troppo spesso i sogni non si realizzano; infatti, i sogni non si realizzano da soli. I sogni si coltivano. E il lavoro della terra è duro…” A un adolescente che vive nell’incertezza tra la voglia di realizzare i propri desideri e la paura del giudizio degli altri cosa ti senti di consigliare, da “fratello maggiore”?
Gli direi che le persone più felici che ho conosciuto nella mia vita vivono, o hanno vissuto, come dei salmoni, andando controcorrente. La cosa forse più importante è capire fin da subito che se noi ci basiamo sulle opinioni altrui, se ci aspettiamo sempre un riconoscimento esterno non saremo mai davvero noi stessi. E di conseguenza la nostra anima, il nostro progetto divino non si realizzerà. Le scelte che bisogna fare ogni giorno sono tante, partendo dalle più classiche, come il lavoro da fare da grandi: quante volte si segue la strada più semplice, quella magari percorsa da qualcun altro, per esempio seguire, da figli, le orme del genitore? Ecco che il piano di Dio, la vocazione che è stata messa nel cuore della persona viene cancellata, dimenticata! Invece ognuno di noi è qui per una ragione unica e irripetibile. Facciamoci venire in mente quali erano i sogni che avevamo quando eravamo piccoli! Fateci caso, se chiediamo a una classe dell’asilo quali sono i loro sogni scopriamo che ce ne sono tanti e diversi: chi vuol fare l’agricoltore, chi il pompiere, chi il benzinaio, chi il parrucchiere, l’astronauta… Poi riprendiamo le stesse persone dieci anni dopo, a 15 anni, e alla stessa domanda abbiamo il 50% di “Non so” e il 50% che si riassume in 2-3 sogni: cos’è successo? C’è stata un’omologazione dei sogni, che non ha niente a che fare con la libertà e l’autenticità dell’essere. Quindi è importante che la persona esprima se stessa già da quando è molto piccola, d’altronde anche il Signore ha rivelato al cuore dei piccoli ciò che era più importante… e cos’è più importante della nostra vocazione personale?

5. E nella fede? Molti ragazzi oggi provano quasi vergogna di essere cristiani… Da dove arriva il coraggio?
Da una serie di fattori, di cui penso il primo sia l’esempio: se viviamo in una famiglia in cui l’essere cristiani è vissuto come un fatto privato anche noi cresceremo con questa tendenza, se invece nella nostra famiglia la bellezza del credere si vede anche nell’annuncio inevitabilmente avremo di più la voglia e l’entusiasmo di trasmette quel credo alle persone che abbiamo intorno. Io lo noto tutti i giorni, che la gioia si comunica da sé, ha una forza dirompente: l’uomo è attratto dalla felicità, dalla pienezza di vita, quindi se il nostro credo determina nella nostra vita una gioia forte questa stessa gioia non possiamo tenercela per noi, siamo portati a condividerla anche a costo di impegno o di qualche scontro. È questo l’amore. Desiderare il bene anche degli altri. Quando vedo delle persone molto credenti che hanno più di qualche paura a esprimersi o esporsi su qualche argomento mi dico “O non hanno incontrato davvero la presenza dello Spirito e quindi hanno un lavoro interiore da fare ancora molto grosso o non hanno avuto una testimonianza gioiosa di fede…”

6. Come è cambiato nel tempo il rapporto con i tuoi fan, ora che ti sei calato anche nei panni dello scrittore? Hanno sempre supportato le tue scelte? Vivi in maniera diversa la popolarità dai tempi dei Sun Eats Hours?
In realtà già quando ero il cantante dei Sun Eats Hours avevo questo pallino dell’attenzione alla persona, anche se poi negli anni era andata un po’ scemando come racconto nel libro. Da quando è uscito, non ha fatto che aumentare quell’interscambio che già c’era con le persone che incontro: ogni giorno dedico del tempo a leggere le tantissime mail e lettere che mi arrivano. È incredibile quante persone cerchino un confronto: questo per me è bellissimo, la sento come la mia vocazione, che ci sia un retroscena nel progetto, una parte “non pubblica”, silenziosa, ma che dà vera sostanza. Come non gioire del fatto che il nostri fan si ritrovano dopo aver letto il libro per discuterne, o semplicemente per condividere dei valori, e anche delle esperienze di vita?
Tant’è che con i The Sun è nata l’associazione Officina del Sole, ed è molto di più di un fan club che riunisce persone in tutta Italia, perché gli associati si ritrovano per fare ritiri spirituali, viaggi, incontri… Si formano amicizie, e anche coppie… e lì vedi tutta la potenza della musica se messa al servizio del Bene.


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