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«I calciatori che amavo da bambino / erano quelli con i calzettoni tirati giù, / confusamente srotolati alle caviglie, / afflosciati sulle scarpette a formare / una specie di aureola ribelle. / Erano ali di sfrontati lucignoli, / erano Sivori, Meroni, Favalli, / angeli che qualcuno ha fatto precipitare / per divertirci e per insegnare / a noi bambini per la prima volta / a resistere, in quella corsa delicata, / nel sussurro del campo ». Sembra quasi una dichiarazione di poetica questo frammento tratto da "I calciatori", atto idealmente a introdurre il nuovo lavoro di Marco Molinari, contenente versi composti tra il 2011 e il 2018. L'autore infatti predilige situazioni in cui l'elemento informale, alla stregua dei calzettoni abbassati dei calciatori descritti, è quanto mai tangibile, al pari di quella sua fedeltà atta ad animare figure multiformi di reietti che cadenzano un'esistenza «che non consola, / che colpisce come un sicario alle spalle / e da cui non impariamo mai». (dall'introduzione di Pasquale Di Palmo)
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