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La cultura del narcisismo confonde il nostro povero ombelico (non a caso sempre più esibito dalla moda) con la cornucopia, la mitica coppa dell'abbondanza. Non è così: possiamo guardarcelo e riguardarcelo, ma non ne uscirà mai nulla, tanto meno oro o magici profumi. La felicità sta da tutt'altra parte. Per lasciarla avvicinare, dobbiamo fare esattamente il contrario: alzare lo sguardo al di sopra del nostro supercelebrato ombelico, e poi ancora più su. Dopo, una volta incontrato con lo sguardo l'altro, e dietro di lui l'intero mondo vivente, finalmente possiamo, e dobbiamo, fare il gesto: tendere la mano, offrire, offrirci. Donare e donarci. È allora, e soltanto allora, che tutto può cambiare. Che la vita, quella vera, la straordinaria vita umana, può cominciare a fluire. Che la mitica cornucopia, la coppa dell'abbondanza e della felicità, può finalmente rovesciarsi su di noi.
Io, io, io… viviamo nella società dell’io, nella sua declinazione più disgraziata, quella dell’egoismo, del narcisismo, dei rapporti superficiali, finalizzati all’utile e al godimento immediato. La società della televisione, dei libri di self-help e dei motivatori. Quella in cui se chiedi a un ragazzino cosa vuole fare nella vita risponde: essere famoso. Senza sapere perché, per cosa.
Tutti voglio stare bene. Tutti pensano a se stessi. Tradendosi.
Infatti, per essere felici bisogna fare l’esatto contrario: bisogna aprirsi all’altro, ritrovarsi nella relazione, nell’incontro, nel gesto di chi porge la mano: “Solo donando”, dice l’autore, lo psicologo Risé, che muove la riflessione a partire dalla sua esperienza, “diventiamo partecipi delle abbondanze, perché […] usciamo dal mondo chiuso, asfittico dell’Ego, dove regnano la povertà piagnucolosa e il bisogna nevrotico”.
Il messaggio è chiaro (e quanto mai attuale): guardati attorno, poi guarda dentro di te. Ti troverai più ricco.
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