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Il testo che pubblichiamo ci sembra meritare l'attenzione dei lettori per le proprie qualità, la sua originalità letteraria e il vigore dottrinale, e per gli inediti sprazzi di luce che getta sulla comunità francescana primitiva. Paragonato agli altri commenti medievali, questo attira l'attenzione per il suo linguaggio semplice, vicino al vernacolo, e per la sua ardente eloquenza; per il suo metodo esegetico inedito, che fa del commento una sorta di azione teatrale, nella quale Cristo stesso si indirizza ai fedeli per rimproverarli aspramente di tradire con le azioni che commettono le parole del Pater che pronunciano; infine, per la sua spiritualità assoluta, esigente e fortemente affettiva, che all'improvviso passa dai rimproveri più sferzanti alle effusioni più tenere e spinge gli ascoltatori alla penitenza e alla conversione. Ciò corrisponde a quanto i primi agiografi riferiscono della predicazione di san Francesco, che descrivono come «semplice », «fervente», «penetrante» e «infiammata»; una predicazione che mirava anzitutto alla penitenza e alla salvezza delle anime e non risparmiava a tal fine né «l'aspra reprimenda», né «l'utile timore », né la minaccia del «giudizio di Dio».
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