San Paolo Store

Carlo Nesti

 


Carlo Nesti (Torino, 10 maggio 1955) è uno dei giornalisti sportivi più importanti d’Italia e uno scrittore apprezzato anche oltreconfine.    
La sua carriera inizia nel 1975 quando Italo Cucci lo sceglie come corrispondente per il mitico Guerin Sportivo. Dal 1976 al 1979 scrive sul quotidiano torinese Tuttosport. Intanto, nel 1978, diventa giornalista professionista.    
In Rai, dove lavora per trent’anni, Carlo Nesti commenta sei edizioni dei Mondiali, sei Europei e tre Europei Under-21 (tutti consecutivamente vinti dall’Italia!), oltre che diverse partite e finali di coppa. Diventa una delle voci di “Tutto il calcio minuto per minuto” e uno dei volti simbolo di “Novantesimo minuto”.    
Nel 2010 Nesti lascia “mamma Rai” e si dedica con successo alle sue passioni, presentandosi nelle molteplici vesti di giornalista sportivo, opinionista televisivo, paroliere musicale e scrittore.    
All’inizio del 2013 lancia il progetto “Radio Nesti - Tutto il calcio messaggio per messaggio”, un format innovativo che affianca alla cronaca giornalistica i commenti (tramite sms e sociali network) degli utenti.
IL CALCIO E OLTRE – INTERVISTA A CARLO NESTI

Si dice che lo sport comunichi valori (il rispetto dell’avversario, l’accettazione della sconfitta eccetera), in questo senso qual è la specificità del calcio? Cosa può insegnare più delle altre discipline? 
E’ lo sport in generale, nella sua concezione non “affaristica” ma “umanistica”, a insegnare a vivere, in quanto le situazioni della gara riproducono, emotivamente e metaforicamente, quelle dell’esistenza quotidiana: gioia, tristezza, riscatto, rimonta e così via.

I calciatori (ragazzi di poco più di vent’anni) sono delle star. Non è rischioso che diventino anche dei modelli? Che la società non proponga altri riferimenti?
Rischiosissimo! E sono i genitori, purtroppo, i primi a sbagliare. Incoraggiano la pratica calcistica dei figli non perché si divertano, e crescano sani a livello psico-fisico, ma perché, un giorno, possano arricchire, economicamente, loro stessi.

Al di la del calcio, segue altri sport? Quali? Ne pratica qualcuno? Se sì, quale e perché? 
Se potessi rinascere... mi occuperei maggiormente di altri sport. Ma, negli anni Cinquanta-Sessanta, si viveva di pane, calcio e ciclismo, ed erano la mia passione. Oggi, è il rugby, fra le discipline di squadra, a tenere in vita valori essenziali, come la lealtà.

Di recente ha incontrato papa Francesco, che peraltro è un grande appassionato di pallone: che ricordi ed emozioni le hanno lasciato quell'incontro?
Ringrazio Dio di essere vissuto nell’epoca degli ultimi tre papi. Papa Francesco è “rivoluzionario”, come lo fu Gesù. Anche in quell’incontro, mi ha dato l’impressione di volersi accostare alla gente, e ai poveri in particolare, come nessuno ha fatto prima.

La crisi del calcio italiano non coincide con quella del calcio in generale (si pensi a Spagna, Inghilterra e, ora, Germania): cosa non va nel nostro movimento? Cosa si dovrebbe fare per uscire da questa situazione?
Per fortuna, se i club non si affermano più in Europa, reggono, al contrario, le Nazionali, e ciò parla di un movimento giovanile resistente alla crisi. Il calcio italiano deve tornare in “formato famiglia”, come in Germania, con meno stranieri in campo.

Quali sono le figure che l'hanno influenzata in ambito professionale? Che l’hanno fatta pensare: “Voglio fare quel lavoro, e voglio farlo in quel modo”?
Quando ero piccolo, preferivo la voce di Nicolò Carosio al carillon, segno che ero veramente... “malato”. I miei punti di riferimento sono stati la creatività di Giovanni Arpino e la razionalità di Pier Cesare Baretti. Che “colpo” averli avuti come “maestri”!

Ci sono degli sportivi (non solo calciatori) che ama o ha amato in modo particolare?
Ho amato (credetemi: ben prima che ci lasciasse) Gaetano Scirea, il “San Francesco” del pallone. Quando giocava, si muoveva per quello che era: un “angelo”, volato via troppo in fretta, che anticipava gli avversari, senza commettere un fallo.
 
Qual è l'evento sportivo che ha commentato e al quale si è appassionata di più? Perché?
Io sono molto legato alle 3 vittorie della Nazionale Under 21 di Cesare Maldini: 1992, 1994, 1996. Detesto chi parla di persone, che portano fortuna o sfortuna, per cui, dico che sono stato io a essere fortunato, nel raccontare quelle 3 finali. 
  
C'è qualche libro, sullo sport ma non solo, che si sente di consigliare?
Posso essere un po’... egoista? Il mio prossimo libro, che spero esca in autunno, proprio per le Edizioni San Paolo. Titolo? Chissà... ci stiamo ragionando. Analizzo il binomio cristianità-sport, ci tengo moltissimo!

A questo proposito, cosa lega cristianità e sport? Qual è il punto di contatto?
Lo sport di base, al contrario dello sport-business, non insegna a "vincere", ma a "impegnarsi al massimo" per vincere. E "impegnarsi al massimo", al di là dei risultati, è il "credere" della Fede: cadere e rialzarsi, dopo il peccato, per tagliare il traguardo del Paradiso.


Libri di Carlo Nesti