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"Le fonti delle nostre certezze trascendenti sono i dati innati, connaturati all'intelligenza pura, ma de facto "scordati" dopo la "perdita del Paradiso"; perciò la conoscenza principiale, secondo Platone, è unicamente una "reminiscenza", ed essa è un dono, il più delle volte attualizzata da discipline intellettuali e spirituali, Deo iuvante". "Conoscere, volere, amare: è qui la natura dell'uomo, e di conseguenza la sua vocazione e il suo dovere. Conoscere completamente, volere liberamente, amare nobilmente; o in altre parole: conoscere l'Assoluto, e ipso facto le sue relazioni con il relativo; volere ciò che s'impone a noi in funzione di tale conoscenza; e amare il vero e il bene, e quanto li manifesta quaggiù; amare pertanto il bello che conduce a essi". (dalla prefazione dell'Autore)
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