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Caduto fuori dal tempo

Libro di   David Grossman

Caduto fuori dal tempo Libro di  David Grossman
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Una sera, in una città di un luogo immaginario, un padre si alza da tavola, prende commiato dalla moglie ed esce per andare "laggiù". Ha perso un figlio, anni prima, e "laggiù" è dove il mondo dei vivi confina con la terra dei morti. Non sa dove sta andando, e soprattutto non sa cosa troverà. Lascia che siano le gambe a condurlo, per giorni e notti gira intorno alla sua città e a poco a poco si unisce a lui una variegata serie di personaggi che vivono lo stesso dramma e lo stesso dolore: il Duca signore di quelle terre, una riparatrice di reti da pesca, una levatrice, un ciabattino, un anziano insegnante che risolve problemi di matematica sui muri delle case. E l'uomo a cui è stato affidato l'incarico di scrivere le cronache cittadine. Ciascuno ha la propria storia, chi ha perso il figlio per una grave malattia, chi in un incidente, chi in guerra. Insieme a loro idealmente, visto che non può muoversi dalla sua stanza, c'è anche una strana figura di Centauro, con la parte inferiore del corpo che nel tempo si è trasformata in scrivania. E uno scrittore che da quindici anni vive circondato dagli oggetti del figlio che non c'è più, e il cui unico desiderio da allora è catturare quella morte con le parole. "Non riesco a capire qualcosa finché non la scrivo" dice. È lui a ispirare e a inglobare la storia che stiamo leggendo.

Il nuovo libro di David Grossman è Caduto fuori dal tempo

Grossman ha perso il figlio Uri nella guerra tra Israele e il Libano il 12 agosto del 2006, poco prima che le Nazioni Unite dichiarassero il cessate il fuoco.


Ha sempre avuto estremo riserbo su questa tragedia, lui che due giorni prima, insieme ad altri scrittori israeliani, aveva invocato una soluzione concordata e non armata con Hezbollah.
Capiamo meglio questo libro se lo collochiamo all'interno di questa vicenda, insopportabile per qualsiasi padre, così come lo è per qualsiasi madre. E infatti sono padri e madri a cui sono morti i figli, caduti in guerra, stroncati da una malattia, vittime di un incidente: il perché non conta in realtà è impossibile per un genitore accettare la morte del figlio. Non esiste neppure la parola per indicare questo stato, perché è talmente innaturale, talmente insopportabile che è il silenzio e non le parole a indicarlo. Uomini che vagano nella notte, donne che inseguono un'idea della  propria creatura, tutti che cercano un "laggiù" dove potersi ricongiungere, cercano una corporeità da abbracciare, cullare, nutrire e soccorrere: ma quel corpo ormai, da bello e fresco, è stato violentato da una morte prematura. Spesso la prosa diventa poesia, un canto funebre straordinario, parole interrotte, pianti sommessi e l'impossibilità di affrontare la realtà.

L'incipit di Caduto fuori dal tempo


SCRIBA DELLE CRONACHE CITTADINE:
Mentre sono seduti a cena l’uomo all’improvviso muta espressione. Con un gesto brusco spinge via il piatto che ha davanti facendo tintinnare forchette e coltelli. Poi si alza, sembra non sappia dove si trova. La donna sussulta sulla sedia. Lo sguardo dell’uomo le vaga intorno senza posarsi su nulla e lei – già una volta è stata colpita dalla tragedia – l’avverte subito, eccola, mi tocca di nuovo, le sue dita gelide sulle mie labbra. Ma che succede? sussurra con lo sguardo, e l’uomo la osserva, stupito...
— Devo andare.
— Dove?
— Da lui.
— Dove?
— Da lui, laggiù.
— Dove è successo?
— No, no. Laggiù.
— Cos’è laggiù?
— Non lo so.
— Mi fai paura.
— Per vederlo ancora un istante.
— Ma cosa vedrai? Cos’è rimasto da vedere?
— Forse laggiù potrò vedere. Persino parlare con lui.
— Parlare?!

SCRIBA DELLE CRONACHE CITTADINE:
Ora entrambi si riscuotono, si risvegliano.
— La tua voce.
— È tornata. Anche la tua.
— Mi è mancata tanto la tua voce.
— Pensavo che noi... che ormai non...
— Più che della mia, ho sentito la mancanza della tua voce.
— Ma cos’è laggiù, dimmi? Non esiste un posto simile, non c’è un laggiù!
— Se ci si va, un laggiù c’è.
— Ma non si torna, nessuno è mai tornato.
— Perché ci sono andati solo i morti.
— E tu, come ci andrai?
— Io ci andrò da vivo.
— E non tornerai.
— Forse lui si aspetta che andiamo a trovarlo.
— No. Ormai da cinque anni lui è solo no e no.
— Forse non capisce come abbiamo potuto rinunciare a lui così, non appena ci hanno avvisato...
— Guardami. Guardami negli occhi. Cosa stai facendo?
Sono io, mi vedi? Siamo noi, noi due. Questa è la nostra casa. La cucina. Vieni, siediti. Ti verso un po’ di brodo.

© Arnoldo Mondadori

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