Teologia 2.0
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Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, firma un interessante articolo sulla rivista Jesus di questo mese.
I vescovi della Nuova Zelanda, rivela, hanno ricevuto “numerose richieste in merito all’uso del Messale romano su supporti informatici” (tablet, smartphone, e-reader). Queste richieste, che nascono e si diffondono con forza tra i fedeli, specie i più giovani, sollevano questioni ben più profonde, e radicali, di quello che potrebbe sembrare. I vescovi della Conferenza episcopale neozelandese, racconta, si sono opposti: il Messale, hanno sostenuto, non è un testo come tanti, ma il cuore e il centro della fede e della liturgia cattolica; la sua fisicità ha un senso, la sua materialità un significato.
Di fronte a queste argomentazioni, dice Spadaro, non si tratta di “prendere posizione”, di dare torto o ragione, ma di coglierne le implicazioni e la portata.
Ci sono molte “contro-indicazioni”, avverte: la scrittura digitale ha carattere “volatile”, viaggia da uno schermo all’altro, e cambia e si adatta e si allarga e si restringe a seconda dell’uso e dell’utente; l’esatto contrario delle “tavole della legge”. La scrittura digitale, poi, rischia di essere banalizzata, e di confondersi con le infinite applicazioni che caratterizzano i nuovi supporti (diventa un “uno tra tanti”), e la “pagina” perde unicità e assolutezza (un po’ come succede con l’opera d’arte e la sua “riproducibilità”). Ancora: “L’evento liturgico non è fruibile in maniera digitalizzata, virtualizzata… La liturgia ‘lavora’ sempre sul corpo, organizzando le sfere dell’emozione, della sensibilità, dell’azione in modo che tali sfere siano la presenza del sacro, del mistero di Cristo”. È, in poche parole, esperienza, qualcosa che trascende la semplice informazione che comunica al fedele. Infine, l’informazione online ha natura “orizzontale” (si compie di rimandi, integrazioni e contributi dal “basso”) mentre il messaggio della Chiesa ha carattere “verticale” (è testimonianza, Verità rivelata, messaggio donato), e ha bisogno di lentezza e profondità (cosa difficile, se non impossibile nel caso dei “cinguettii” di Twitter).
Non finisce qui però, ammonisce l’autore: “Pensiamo al Concilio di Trento che abbracciò la tecnologia all’avanguardia del suo tempo, la stampa, che permise la creazione di ediziones typicae, utile alla creazione di una liturgia veramente 'globale', cioè uniforme in tutte le diocesi e parrocchie”.
La tecnologia (in particolare quella digitale) può essere uno strumento fondamentale per la diffusione della Parola (l’insegnamento del beato Alberione va proprio in questa direzione): “Come la Chiesa, al di là del caso neo-zelandese, si confronterà” con lo sviluppo e la diffusione dei nuovi media?
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