San Filippo Neri
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Filippo Neri nacque a Firenze il 21 luglio 1515 da
Francesco e Lucrezia da Mosciano. Sono poche le notizie sulla sua
infanzia. Una delle poche testimonianze che ci sono giunte è quella
della sorella Elisabetta che lo descrive di carattere allegro e altruista,
tanto da essere soprannominato “Pippo buono”, ma non particolarmente
devoto alla Chiesa. Negli anni della fanciullezza frequentò il convento
di San Marco nel quale venne a contatto con la spiritualità del Savonarola,
ancora viva negli anni della crisi politica della repubblica e
dell’assedio di Firenze (1527-1530). Filippo lasciò la città all’età di
18 anni per recarsi a lavorare in Campania presso un parente. A Firenze
non sarebbe più tornato. Ma ben presto scelse un’altra destinazione:
Roma. Nella città del papa Filippo giunse all’età di vent’anni e qui rimase fino alla morte.
Filippo Neri conobbe una città nel pieno di profondi mutamenti, soprattutto religiosi e spirituali. Sono gli anni della Controriforma, o Riforma cattolica, che ha il suo momento più noto nel Concilio di Trento. Nel campo della cultura sono gli anni del Rinascimento e del suo tramonto
e i tempi della nascita del Barocco. Nel suo primo periodo romano,
Filippo Neri, si impegnò come precettore in casa di un uomo d’affari
fiorentino, frequentò corsi di teologia e filosofia all’università La
Sapienza, e si recò in continuo pellegrinaggio nei luoghi frequentati dai primi cristiani,
come le catacombe o le antiche basiliche. Nel suo cuore si fece spazio
un’esperienza spirituale e mistica che maturò anche a contatto con i
movimenti spirituali che animavano la vita religiosa della città in quel
tempo.
Nel 1548 collaborò con il suo confessore, Persiano Rosa, alla fondazione della Confraternita della Santissima Trinità dei Pellegrini e dei convalescenti,
che avrebbe avuto un importante ruolo nell’assistenza ai poveri
pellegrini, in particolare negli anni Santi del 1550 e del 1575. Nel
maggio 1551 fu consacrato sacerdote ed entrò a far parte della comunità dei preti della chiesa di San Girolamo della Carità, in pieno centro della città. Qui Filippo iniziò un’esperienza pastorale significativa, che lo vide impegnato con le classi più abbienti
della città nella direzione spirituale, nella confessione e nella
spiegazione delle Sante Scritture. È il primo nucleo di quella che
sarebbe diventata negli anni successivi, presso la Chiesa di Santa Maria della Vallicella, detta Chiesa Nuova per gli importanti restauri voluti dal Neri, l’esperienza dell’Oratorio. L’Oratorio
rappresentò il tentativo di recepire alcune istanze religiose, di pietà
e di carità, insite in molti dei penitenti che si avvicinavano a quella
comunità di preti. L’Oratorio seppe recepire con libertà, attraverso una pedagogia collettiva ma anche personale, le istanze dei ceti popolari come di quelli borghesi, di uomini religiosi come di laici in ricerca. Il ragionamento familiare e quotidiano
sulle Scritture è, per Filippo Neri, lo strumento privilegiato per
procedere alla riforma religiosa dei romani. La proposta è quella di una
comunità religiosa, non unita da voti ma soltanto dal vincolo di
carità, per cui il rinnovamento spirituale può avvenire anche al di là
dei “pochi secolari che pigliavano la vita ritirata o dei religiosi
claustrali”. L’obiettivo della Congregazione è quello di rendere familiare la frequentazione dei sacramenti e la lettura delle Scritture.
Uno dei
principi più originali, forse la caratteristica più singolare su cui si
fonda l’opera del Neri, è quello della secolarità della Congregazione:
l’unione tra i sodali non prevede voti e giuramenti di nessun tipo. Una scelta, questa, difesa con tenacia dal Neri, che differenzia l’Oratorio da tutti gli altri ordini religiosi, compresi quelli più recenti, nati nel periodo del Concilio di Trento. La Congregazione è una compagnia di persone appartenenti a stati diversi (laici, preti, poveri, nobili) e legati da una stretta amicizia. Tale amicizia è nutrita da frequenti momenti di vita comune, ma priva di vincoli formali.
Nell’esperienza è centrale l’attrazione
esercitata dalla figura di Filippo Neri, insieme alla vita spirituale
dell’Oratorio e alle pratiche di pietà e di assistenza che attorno ad
esso si sviluppano. Il principio di secolarità è,
inoltre, all’origine della particolare collocazione del sodalizio
filippino nella Chiesa del tempo. Si tratta di un cenacolo capace di
coinvolgere papi, cardinali, vescovi, preti, semplici fedeli, senza
inserirli nella vita – in qualche modo separata – di un ordine
religioso, ma interagendo spiritualmente con la vita e l’attività di
ciascuno. Ciò spiega la grande influenza esercitata dalla congregazione
oratoriana sul suo tempo e lo speciale contributo da essa fornito alla
riforma della Chiesa.
A Filippo Neri e
ai suoi compagni viene affidata la cura della parrocchia di Santa Maria
in Vallicella. L’obiettivo è ridare slancio alla cura pastorale del
centro della città, una zona molto popolosa. L’operazione fa parte del
più generale riordino della geografia delle parrocchie romane,
iniziato negli anni immediatamente precedenti la chiusura del Concilio
di Trento. Per la santificazione dei fedeli la congregazione filippina
sceglie lo strumento dell’Oratorio. In esso ogni giorno, ad esclusione
del sabato e della domenica, i padri predicano gli esercizi spirituali. Le
attività sono varie: letture spirituali, predica di sermoni, narrazione
delle vite dei santi e dei padri della Chiesa, lezioni di storia della
Chiesa, canto di laudi spirituali, preghiera comune.
L’accostamento quotidiano alle Scritture è, per i filippini, lo
strumento privilegiato per attuare una vera riforma della vita religiosa
dei romani. L’Oratorio, accompagnato dalla pratica frequente della confessione, rappresenta
il tentativo di recepire le istanze religiose di pietà e di carità che
accomunano i ceti popolari e quelli più benestanti, gli uomini religiosi
e quelli che oggi definiremmo “laici in ricerca”.
Il campo di azione degli oratoriani fu,
come si è detto, la città di Roma. Nel Cinquecento e nel Seicento la
capitale dello Stato della Chiesa è cosmopolita e internazionale. La
popolazione raddoppia. Si passa dai 53.897 abitanti del 1527 (anno del
“sacco” da parte dei Lanzichenecchi), agli oltre centomila dell’inizio
del ‘600. Cresce, inevitabilmente, anche il numero dei poveri che a Roma
cercano rifugio. Per far fronte ai bisogni, la Chiesa crea un’ampia
rete ospedaliera. Ma si registra pure una serie di iniziative spontanee
che testimoniano una rinascita della carità cristiana nell’epoca della
Controriforma. Le motivazioni religiose all’assistenza si
approfondiscono insieme a rinnovati sentimenti di solidarietà e di pietà
verso il povero.
Tra tali esperienze si colloca l’assistenza ai malati in ospedale
svolta dall’Oratorio. Per Filippo Neri e i suoi compagni, la visita ai
malati e l’accompagnamento alla “buona morte” favoriscono l’elevamento
spirituale della vita personale e comunitaria. Anche la Confraternita
per i malati e i convalescenti, che assiste i pellegrini durante gli
anni santi, è opera di Filippo Neri. Vi partecipano semplici fedeli,
preti, vescovi e cardinali. In qualche occasioni è il papa stesso ad andare a lavare i piedi ai pellegrini e servire loro i pasti.
Così, dopo un lungo viaggio, i pellegrini del Giubileo scoprono non
soltanto gli splendidi monumenti romani, ma la carità viva della
comunità cristiana. Alla morte di Filippo, avvenuta il 26
maggio del 1595, tanti romani lo considerarono santo prima della
canonizzazione avvenuta nel 1622 e il suo culto si diffuse rapidamente
per la città, tanto da poter essere definito un “santo romano”.
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