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San Benedetto: la Ricerca di Dio tra Silenzio e Parola

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Tessere le lodi di un uomo che cerca il nascondimento, quando non è fuorviante è sicuramente fuori luogo; interrogarsi sul senso e le motivazioni di questo nascondimento è il solo modo per avvicinarsi alla sua figura.  
Nei Dialoghi, san Gregorio Magno dipinge il Padre del monachesimo occidentale con  una pennellata singolare: “È esatto dire che il venerabile Benedetto in quella solitudine abitò con se stesso, perché tenne in custodia se stesso entro i limiti della propria coscienza.” Affermazione che oggi lascia stupiti, perplessi: nell’era dello spazio virtuale e della connessione globale è possibile essere “sconnessi”? All’uomo moderno sfugge il senso profondo di queste parole, che riferiscono dello stile di vita di un uomo del Medioevo, che, per definizione, è vir Dei, ma che, nel suo intimo, ha le stesse prerogative di Marco Polo, Cristoforo Colombo, Galileo Galilei e, perché no?, Steve Jobs: è un ricercatore instancabile.
Non a caso, l’invito Obsculta, che è la prima parola del Prologo della Regola, si rivolge all’uomo “qualunque” (quisquis recita il testo latino): “Chiunque tu sia, a te è rivolto il mio discorso… ” (cfr. RB, Prol. 3 e seg.). L’invito di Benedetto, allora, è ascrivibile all’uomo di tutti i tempi, all’uomo che desidera e brama e cerca la Verità, Dio e se stesso.

 

La Verità, che non prescinde in alcun modo dalle verità del quotidiano, le riassume tutte nel primato di Dio: “Nulla assolutamente antepongano a Cristo” (cfr. RB, 72,11). Ed è sempre Cristo la cartina di  tornasole che conferisce veridicità al cammino: “Se il discepolo dimostra di cercare Dio” (Si revera Deum quaerit, cfr. RB, 58, 7) è ammesso alla scuola di servizio del Signore, il monastero (cfr. RB, Prol. 46), dove tutto è sacro (dagli oggetti di uso comune, ai libri, ai vasi dell’altare, cfr. RB, 32), dove l’ospite è accolto come Cristo (cfr. RB, 53) e il fratello che sbaglia non soccombe al peso della colpa, nonostante soggiaccia alla disciplina, e l’Abate e i fratelli “terranno conto della sua umanità e faranno di tutto per risollevarlo” (cfr. RB, 27), attraverso la carità/amore.
L’invito “Ascolta”, posto in apice alla Regola, è la chiave per giungere alla meta di ciascuno, per giungere a Dio e alla Verità. L’Ascolto, che oggi sembra il grande assente, è l’atteggiamento che Benedetto ci invita ad assumere nel corso dell’esistenza; forse è un caso che alla prima parola della Regola, Obsculta (“ascolta”) faccia eco l’ultima parola, Pervenies (“giungerai”)… ascoltando si giunge!
Arriviamo, così, al motto desunto dalla Regola: Tace, quiesce, ora et labora, conosciuto comunemente come Ora et labora, con un significato diverso da quello che di seguito è offerto.
Tace, perché il silenzio è il luogo dove l’uomo può fare chiarezza con se stesso, quiesce perché nel fermarsi ci si scopre immersi in un cammino orante (ora) che ci conduce a un continuo rinnovamento e trasformazione di noi stessi (labora), in una rinascita in Cristo. Ecco risuonare all’uomo di oggi un possibile senso del messaggio di Benedetto da Norcia.


Danilo Mauro Castiglione, Oblato benedettino secolare